2. Passando ora all’esame della seconda questione
– quella relativa alle conseguenze sistematiche della novella – anche qui
credo sia opportuno procedere con la dovuta cautela. Al riguardo, suggerirei
di distinguere il profilo delle ripercussioni della trascrivibilità
del preliminare sulla trascrizione da quello delle ripercussioni della
trascrivibilità del preliminare sul preliminare.
Per quanto attiene al primo dei due profili cennati,
può essere utile menzionare l’ opinione di un’autorevole dottrina
alla stregua della quale “il principio di trascrivibilità solo degli
atti traslativi non pone alcuna preclusione logica all’ammissione di una
forma di trascrizione provvisoria fondata su un atto preparatorio di un’alienazione,
in funzione prenotativa del grado della futura trascrizione: d’altro lato,
la rilevanza attribuita alla trascrizione della domanda giudiziale dall’art.
2652, n.2 non ha uno specifico fondamento in principi di diritto processuale…Non
si vede perché questo effetto non possa essere collegato alla trascrizione
dello stesso contratto preliminare” (Mengoni). Insomma, è vero che
il preliminare è, almeno secondo la tesi ancora oggi prevalente,
un contratto ad efficacia obbligatoria che, in quanto tale, non dovrebbe
avere accesso ai registri immobiliari; però, è altresì
vero che a beneficiare della opponibilità erga omnes assicurata,
ai sensi dell’ art. 2644 c.c., dalla trascrizione non sono gli effetti
che scaturiscono dal preliminare, bensì quelli che scaturiscono
dal definitivo là dove questo rientri in una delle ipotesi di cui
ai nn. 1-4 dell’art. 2643, sicché concettualmente sarebbe improprio
ravvisare nell’art. 2645 – bis un vulnus al “principio di trascrivibilità
solo degli atti traslativi”. A ciò si aggiunga che il legislatore
del ’42 aveva già di suo concepito il meccanismo della cosiddetta
“prenotazione” facendone largo impiego attraverso la trascrizione delle
domande giudiziali ex art. 2652 c.c.: averlo allargato al preliminare non
può in alcun modo considerarsi una scelta eversiva, tanto più
che qui i due atti preparatori (preliminare e domanda giudiziale) sono
perfettamente omogenei dal punto di vista teleologico, introducendo una
sequenza destinata in entrambi i casi a culminare in un atto di trasferimento
del diritto, cioè il definitivo o la sentenza di cui all’art. 2932
c.c. Direi, quindi, che la trascrivibilità del preliminare, limitatamente
alle ipotesi in esame, era in qualche modo presente alla stato di latenza
nel sistema, sicché da questo punto di vista la novella del ’97
appare come uno sviluppo naturale del sistema stesso, certo agevolato dallo
stabilizzarsi di prassi negoziali quale quella del preliminare ad effetti
anticipati e dal correlativo emergere di una marcata sensibilità
alle istanze di tutela del promissario acquirente che hanno portato a scorgere
nella trascrizione del preliminare una risposta quasi ovvia ai problemi
sul tappeto.
V’è da chiedersi poi se, per converso, la trascrivibilità
del preliminare non ne abbia alterato la natura giuridica ovvero se l’ingresso
nel novero degli atti giuridici trascrivibili (i quali, rammentiamolo,
sono solo quelli ad efficacia lato sensu traslativa) non ne abbia fatto
un’entità giuridica diversa da quella sin qui nota e accettata dalla
maggioranza degli autori (contratto ad efficacia obbligatoria dal quale
scaturisce l’ obbligo di stipulare il contratto definitivo). Al riguardo
la prima osservazione da fare è che se davvero questa metamorfosi
si fosse prodotta, le conseguenze della novella sul piano sistematico sarebbe
ben più dirompenti non esaurendosi nella individuazione di una species
del genus preliminare ma, al contrario, dando luogo allo scorporo
da quel genus dei preliminari (che, però, a questo punto non sarebbero
più propriamente tali) trascrivibili: in altri termini, il “preliminare”
di contratto traslativo (o costitutivo) di un diritto reale immobiliare
cesserebbe di esistere, trasformandosi in qualche cosa di diverso (salvo
poi a risuscitare come preliminare in caso di mancata trascrizione).
In dottrina, la tesi della metamorfosi del preliminare
trascrivibile è stata sostenuta da più parti: ad es., secondo
Gazzoni “la novella…offre un argomento ormai decisivo in punto di ricostruzione
del preliminare di vendita come vendita obbligatoria”. Tale opinione appare,
per più motivi, non condivisibile. In primo luogo, bisogna pur tenere
conto della lettera della legge la quale, proprio al comma 2 dell’art.
2645 – bis usa la locuzione “contratto definitivo”, la stessa utilizzata
all’art. 1351 c.c., in tema di forma del contratto preliminare. Né
può essere trascurata la circostanza che, sempre nell’àmbito
dell’ art. 2645 – bis, comma 2 il legislatore abbia avuto cura di distinguere
il contratto definitivo da ogni “altro atto che costituisca comunque esecuzione
dei contratti preliminari ecc.”. Ora, a parte i problemi ermeneutici che
il riferimento a questa ulteriore categoria di atti esecutivi del preliminare
solleva e sui quali mi soffermerò più oltre, una cosa appare
chiara e cioè che il legislatore ha avuto ben presente l’eventualità
che la sequenza introdotta dal preliminare possa concludersi in modo diverso
che con la stipula del definitivo: ma questa duplicità (anzi, triplicità,
se si aggiunge la sentenza ex art. 2932 c.c.) di percorsi attuativi dell’originario
programma negoziale si giustifica se all’origine della sequenza trovasi
un preliminare e non una vendita cosiddetta obbligatoria, che in realtà
è una normale compravendita ad effetto reale differito (tanto è
vero che dottrina autorevolissima – Pugliatti – la giudica suscettibile
di trascrizione).
In secondo luogo – ma nella sostanza si tratta del medesimo
tipo di argomento, anche se formulato in una prospettiva diversa – se il
preliminare trascritto fosse una vendita obbligatoria - dunque il negozio
al quale l’effetto reale, una volta perfezionatosi, dovrà senz’altro
riportarsi - non si vede perché collegare alla sua trascrizione
un’efficacia soltanto prenotativa e non immediatamente dichiarativa; d’altra
parte, poco compatibile con la natura di fonte diretta dell’effetto reale
che la vendita obbligatoria riveste, appare anche la previsione di cui
al comma 3 dell’art. 2645 – bis di un’efficacia limitata nel tempo della
trascrizione del preliminare.
In definitiva, sembra abbastanza evidente che il negozio
del quale la novella consente oggi la trascrizione appartenga al novero
degli atti preparatori, cioè di quegli atti che in quanto strumentali
alla stipula del contratto munito della vis traslativa, sono, dal canto
loro, strutturalmente e non contingentemente (come accade invece alla vendita
obbligatoria) inidonei a dar luogo al trasferimento del diritto: e poiché
il preliminare è, in un certo senso, il re degli atti preparatori
ed il legislatore del ’97 parla, sembrerebbe non a vanvera, di contratto
preliminare, non si vede perché indulgere a costruzioni barocche,
per nulla imposte né dal dettato normativo, magari non felicissimo
sul piano linguistico ma comunque trasparente sul piano delle intenzioni,
né da esigenze di ordine sistematico le quali, viceversa, consigliano
di prender sul serio la nomenclatura adoperata dalla novella.
3. Se sul piano sistematico generale la nuova disciplina
non sembra destinata a produrre grandi sconvolgimenti, ciò non toglie
che sul piano più propriamente esegetico essa richieda un notevole
sforzo d’analisi.
Intanto, v’è da chiedersi quali siano i
contratti preliminari suscettibili di trascrizione. S’è già
visto che, quanto all’oggetto e all’effetto, l’art. 2645 – bis circoscrive
l’àmbito di trascrivibilità ai soli preliminari dei contratti
di cui ai nn. 1 – 4 dell’art. 2643 c.c. (traslativi del diritto di proprietà,
costitutivi o modificativi di iura in re aliena, costitutivi della comunione
su beni immobili). La novella tace in ordine agli effetti estintivi, ma
si tratta di un silenzio non del tutto giustificato (al punto che taluno
– G.Gabrielli – ne ha denunciato l’ illegittimità costituzionale)
giacché non solo fra gli “atti di rinunzia” di cui al n. 5 dell’art.
2643 c.c. rientrano per comune opinione (L.Ferri, Zanelli) anche i contratti,
ma in più nella pratica ben possono darsi delle situazioni ove utilmente
ricorrere al meccanismo prenotativo. Si pensi al caso di un preliminare
di contratto oneroso di estinzione anticipata di un usufrutto nel quale
il nudo proprietario abbia già versato il corrispettivo: là
dove il promittente usufruttuario, medio tempore, ceda il diritto di usufrutto,
la tempestiva trascrizione del preliminare consentirà al promissario
di prevalere sul cessionario. Un discorso analogo può ripetersi,
a nostro avviso, per il preliminare di transazione, ove pure si manifesta
l’esigenza di tutelare il promissario acquirente a titolo transattivo il
quale abbia dato corso alla “concessione” di sua spettanza prima della
stipula del definitivo.
Quanto alla direzione degli effetti, fuori discussione
è la trascrivibilità dei preliminari bilaterali e di quelli
unilaterali, allorché il soggetto obbligato sia il promittente venditore.
Là dove, viceversa, l’ unico obbligato sia il promissario acquirente,
qualche dubbio è lecito nutrirlo perché qui la formazione
del titolo al quale agganciare l’ effetto prenotativo è affidata
al mero arbitrio della controparte, mentre la logica dell’art. 2645 – bis
sembrerebbe esigere che la vicenda arrivi sempre in porto, o mediante la
stipula del definitivo (o atto equiparato) o mediante la sentenza ex art.
2932 c.c. Tuttavia, poiché non può escludersi a priori che
anche nella fattispecie in esame si manifesti un’esigenza di tutela del
diritto alla restituzione di somme anticipatamente versate dal futuro potenziale
acquirente, negare la trascrivibilità del preliminare ai sensi e
per gli effetti dell’art. 2775 – bis può non essere del tutto conforme
agli obiettivi di tutela perseguiti dal legislatore (è questo uno
dei luoghi in cui emerge la tensione tra efficacia prenotativa riconosciuta
alla trascrizione del preliminare in vista di un possibile conflitto di
diritti, ed efficacia costitutiva del privilegio speciale riconosciuta
alla trascrizione del preliminare in vista della tutela restitutoria e/o
risarcitoria del potenziale acquirente deluso).
In dottrina ci si è interrogati sul trattamento
da riservare ad alcune figure prossime al preliminare, ad es. il
patto di prelazione e il patto d’opzione. Quanto al primo, la sua trascrivibilità
va esclusa dal momento che esso non genera vincoli di sorta in ordine alla
stipula di un futuro negozio andando ad incidere sul mero esercizio della
libertà di scelta della controparte. Materia un po’ più delicata
è quella della trascrivibilità del patto di opzione, tanto
più che, come abbiamo visto, debbono ritenersi senz’altro trascrivibili
i preliminari unilaterali i quali, pure, sprigionano un grado minore di
costrittività. La soluzione positiva, che a mio avviso sarebbe fondata
nel merito, appare tuttavia preclusa dal principio di tassatività
della trascrizione.
A nessun particolare problema, infine, dà luogo
la trascrizione del preliminare a favore di terzo, per persona da nominare
(semmai qui il problema consiste nell’assicurare adeguata evidenza pubblicitaria
alla dichiarazione di nomina e all’accettazione dell’amicus), di vendita
di cosa futura (ipotesi, del resto, espressamente contemplata dall’art.
2645 – bis) e di vendita di cosa determinata solo nel genere.
4. Come abbiamo già accennato, la trascrizione
del preliminare ha un’efficacia meramente prenotativa la quale fa retroagire
la trascrizione del definitivo (o atto equipollente) al momento, appunto,
della trascrizione del preliminare. Il meccanismo era già noto al
legislatore del ’42 che lo aveva sperimentato con le domande giudiziali
(art. 2652 c.c.), ivi incluse quelle dirette a ottenere l’esecuzione in
forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto (n.2) e quelle
dirette a ottenere l’accertamento giudiziale della sottoscrizione di scritture
private in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione o iscrizione
(n.3). Ciò significa che oggi il promissario acquirente dispone
di ben tre strumenti mediante i quali conseguire il beneficio prenotativo:
la trascrizione del preliminare, la trascrizione della domanda giudiziale
volta ad ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c. e la domanda volta ad ottenere
l’ accertamento giudiziale della scrittura privata allorché il preliminare
non rivesta da subito la forma richiesta ai fini della trascrizione (forma
che, come ci rammenta l’ art. 2645 – bis, comma 1, scimmiottando l’ art.
2657 c.c. è quella dell’atto pubblico o della scrittura privata
con sottoscrizione autenticata o giudizialmente accertata).
Aver reso trascrivibile il preliminare offre, però,
il non piccolo vantaggio di poter anticipare la prenotazione senza dover
attendere eventi ulteriori tipo, ad es., l’ inadempimento del promittente
alienante (in teoria, anche prima della novella, appena stipulato il preliminare
si sarebbe potuto procedere alla trascrizione immediata della domanda giudiziale
esponendosi, però, al rischio della lite temeraria ex art. 96 c.p.c.).
Una volta effettuata la trascrizione del definitivo (o
atto equipollente) risulteranno inopponibili all’acquirente le “…iscrizioni
e le trascrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione
del contratto preliminare” (art. 2645 – bis, comma 2). Si tratta di una
formula estremamente ampia che, prima facie, non sembra autorizzare alcun
distinguo: sicché la trascrizione del definitivo prevarrà
sulle trascrizioni di compravendite (caso classico di doppia alienazione
immobiliare), di contratti costitutivi di iura in re aliena , di ipoteche
(salvo che per le ipotesi di cui all’art. 2775 – bis, comma 2 sulle
quali v. infra, § 8) e, fuori dall’àmbito del conflitto di
diritti in senso proprio, di pignoramenti, sequestri e domande giudiziali,
avvenute medio tempore. Una dottrina autorevole (Cian), per la verità,
ritiene che in caso di trascrizione anteriore del pignoramento, l’acquirente
sia destinato a soccombere e ciò nel presupposto a) che l’art. 2914
c.c. non sia stato modificato, b) che al curatore fallimentare, ex art.
72 ult. comma l. fall., sia attribuito il potere di sciogliersi anche dal
preliminare di vendita trascritto, di guisa che sarebbe inammissibile una
diversità di trattamento fra esecuzione individuale ed esecuzione
collettiva. Nessuno dei due rilievi, però, appare insuperabile:
non il primo perché la già richiamata formula dell’art. 2645
– bis è tanto ampia da supplire ad eventuali difetti di coordinamento
peraltro inevitabili con un legislatore sempre più sciatto; non
il secondo perché la relativa inopponibilità della trascrizione
del preliminare al fallimento (dico relativa perché essa comunque
giova al promissario acquirente facendogli acquistare il privilegio speciale
ex art. 2775 – bis spendibile anche al momento della insinuazione al passivo),
è una peculiare manifestazione della logica redistributiva che caratterizza
la procedura fallimentare, inidonea in quanto tale a fungere da pietra
di paragone.
Fin qui, riferendoci all’epilogo della sequenza introdotta
dal preliminare e dalla sua trascrizione, abbiamo parlato un po’ genericamente
di contratto definitivo o di atti equipollenti. In effetti, il comma 2
dell’art. 2645 – bis menziona, accanto alla trascrizione del contratto
definitivo e a quella della sentenza emanata sulla base dell’ art. 2932
c.c., la trascrizione “di altro atto che costituisca comunque esecuzione
dei contratti preliminari di cui al comma 1”. Si tratta di una formula
alquanto vaga, che solleva non pochi problemi non solo dal punto di vista
esegetico ma anche dal punto di vista sistematico.
Bisogna ricordare, in primo luogo, che il nostro diritto
dei contratti si fonda sul principio causalistico – consensuale proclamato
dall’ art. 1376 c.c. in virtù del quale il contratto (titulus adquirendi)
e l’ atto traslativo del diritto (modus adquirendi) sono riuniti in una
sola fattispecie, il contratto ad effetti reali. Il parallelo tormentato
recepimento nel codice civile del ’42 della figura del contratto preliminare
non è di per sé idoneo ad incrinare l’equilibrio impresso
al sistema dal suddetto principio giacché dal preliminare nasce
l’ obbligazione di concludere un contratto (quindi un’obbligazione avente
ad oggetto, come si dice, un facere giuridico) e non l’obbligazione di
trasferire il diritto (quindi, non un’obbligazione di dare). L’introduzione
del preliminare soddisfaceva un’esigenza pratica (quella di differire gli
effetti reali allo scopo di esercitare il controllo sulle sopravvenienze)
fortemente avvertita proprio nel settore della contrattazione immobiliare
salvaguardando, in pari tempo, la scelta apicale operata dal legislatore
in punto di circolazione dei diritti. Anzi, si può dire con un buon
margine di approssimazione al vero che la fortuna sperimentata in Italia
dal preliminare sia in qualche modo riconducibile all’art. 1376 c.c., nel
senso che è proprio in un sistema ispirato dal principio della immediata
efficacia traslativa del contratto che uno strumento come il preliminare
gode di più ampi spazi operativi: a riprova di ciò si può
invocare il caso della Germania, terra d’origine del Vorvertrag, dove quest’ultim
ha sperimentato però una fortuna assai minore (nel BGB, al §
610, è disciplina la la sola promessa di mutuo) forse perché
appunto la regola ivi accolta è quella romanistica della scissione
tra titulus e modus adquirendi (v. § 925 BGB ove, ai fini del trasferimento
della proprietà, si richiedono l’Einigung, cioè il consenso
delle parti, e l’Auflassung, cioè quel procedimento da espletarsi
al cospetto di un pubblico ufficiale e culminante nella iscrizione nei
libri fondiari).
Ora, come è noto una parte della dottrina (né
mancano sul punto anche autorevoli pronunce giurisprudenziali) con
sempre maggiore insistenza parla di “pagamento traslativo” alludendo
a fattispecie nelle quali si registra una disarticolazione della vicenda
di trasferimento del diritto, nel senso che l’effetto reale non seguirebbe
alla stipula del contratto ma verrebbe differito e affidato al compimento
di un apposito atto che troverebbe nell’accordo precedentemente raggiunto
dalle parti la propria causa ancorché, come si usa dire, “esterna”.
Fenomeni di questo tipo - che, almeno d’ acchito si discostano dallo schema
consensualistico - causale introducendo nel sistema elementi di astrazione
sostanziale: ma, si badi bene, si tratterà pur sempre di un’astrazione
in senso debole posto che la validità del “pagamento traslativo”
dipende da quella dell’originario contratto mentre nell’ordinamento tedesco
le due fattispecie sono, al riguardo, completamente autonome – fenomeni
di questo tipo, dicevo, trovano riscontro, nella materia de qua, in figure
quali il cosiddetto “preliminare ad effetti anticipati” ove alla stipula
del definitivo fanno seguito la consegna del bene e il pagamento del prezzo,
rimanendo in sospeso il solo effetto traslativo per il perfezionamento
del quale le parti stipuleranno successivamente un apposito atto. E’ plausibile
che il legislatore abbia avuto in mente proprio ipotesi siffatte
allorché ha inteso affiancare al definitivo e alla sentenza surrogatoria
del definitivo la categoria degli atti che danno comunque esecuzione al
preliminare: ma se è così, bisogna riconoscere di essere
al cospetto di una incrinatura “dall’alto” dello schema causalistico –
consensuale perché quella che si adempie attraverso questi non meglio
identificati “atti che danno comunque esecuzione al preliminare” non è
la classica e ben nota obbligazione di concludere un contratto ma una vera
e propria obbligazione di dare. In altri termini, vi sarebbe qui una presa
d’atto della sempre più marcata tendenza dell’autonomia privata
a impiegare congegni negoziali segmentati, caratterizzati dal differimento
dell’effetto reale e sagomati sul modello del preliminare, anche se a quest’ultimo
non del tutto assimilabili.
D’altra parte, non è facile immaginare spiegazioni
alternative. Si potrebbe, ad es., ipotizzare che attraverso la categoria
degli atti che danno comunque esecuzione al preliminare il legislatore
alluda a situazioni nelle quali, pur mantenendosi tra preliminare e definitivo
il nesso consistente in un’obbligazione avente ad oggetto un facere giuridico,
tuttavia si registri nella fattispecie che perfeziona la sequenza introdotta
dal preliminare una variazione di tipo quantitativo (si pensi al caso di
un definitivo integrato da una datio in solutum, di guisa che l’immobile
alienato non è più quello originariamente pattuito ma uno
diverso) o una variazione di tipo qualitativo (si pensi al caso di un preliminare
di compravendita attuato mediante la stipula di una permuta). Anche questa,
però, è una soluzione che implica uno strappo con il sistema
e, più in particolare, con la regola enunciata dall’art. 2665 c.c.
alla stregua della quale le incertezze sulle persone, sul bene o sul rapporto
giuridico a cui si riferisce l’atto la sentenza o la domanda nuocciono
alla validità della trascrizione: è evidente, infatti, che
un mutamento dell’oggetto o del titolo nella nota di trascrizione del definitivo
rispetto a quella del preliminare genererebbe uno stato di incertezza idoneo
a compromettere la validità della trascrizione ovvero ad interrompere
il continuum trascrizione del preliminare – trascrizione del definitivo,
senza del quale il meccanismo prenotativo viene paralizzato.
5. La trascrizione del contratto preliminare è
soggetta a due vicende estintive: una di portata generale, cioè
la cancellazione ex art. 2668, comma 4, c.c. l’altra invece sua peculiare,
ovvero la perdita di efficacia per decorrenza del termine ex art. 2645
– bis, comma 3.
Cominciando da quest’ultima, essa si articola in due
ipotesi a seconda che le parti abbiano fissato un termine entro il quale
procedere alla stipulazione del definitivo (nel qual caso decorso un anno
da quel termine senza che il preliminare abbia avuto esecuzione o senza
che vi sia stata trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2652, n.
2, la trascrizione del preliminare perde efficacia), ovvero che le parti
non abbiano fissato alcun termine (nel qual caso decorsi tre anni dalla
trascrizione senza che il preliminare abbia avuto esecuzione o senza che
vi sia stata trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2652, n. 2,
la trascrizione del preliminare ancora una volta perde efficacia). La ratio
di questo congegno (che la prevalente dottrina assimila ad una decadenza
incappando nel problema della sua non rilevabilità d’ufficio ex
art. 2969 c.c., non rilevabilità d’ufficio che appare in contraddizione
con l’inderogabilità delle norme sulla trascrizione) è tutta
interna al peculiare modo di atteggiarsi della sequenza preliminare – definitivo
(o atto equipollente) ove il segmento finale di tale sequenza è
rimesso alla volontà delle parti: di guisa che in difetto di un
limite temporale, il vincolo di indisponibilità del bene creato
dalla trascrizione del preliminare si perpetuerebbe ad infinito. Viceversa,
il congegno messo a punto dal legislatore all’art. 2645 – bis, comma 3
impone che la vicenda si avvii verso una conclusione positiva (stipula
del definitivo o di atto equipollente) o negativa (rifiuto del promittente
alienante di adempiere e, dunque, esercizio dell’azione ex art. 2932 c.c.
con conseguente trascrizione della domanda giudiziale) entro un termine
prestabilito e indisponibile dalle parti.
Se la ratio della norma è chiara, la sua applicazione
in concreto può dare luogo a qualche problema. Ad es., quid iuris
allorché le parti abbiano previsto un termine per la stipula del
definitivo il quale, unito all’anno di grazia previsto dall’art. 2645 –
bis, comma 3 sfondi il tetto del triennio? Stando alla lettera della legge
(“…e in ogni caso…”) la risposta dovrebbe essere che, appunto, comunque
la trascrizione del preliminare perderà efficacia dopo tre anni.
Tuttavia, per quanto imposta dal tenore letterale della norma, questa soluzione
appare foriera di non pochi inconvenienti. Si pensi alla trascrizione
di un preliminare di edificio ancora da costruire: qui le parti, molto
semplicemente, potrebbero voler fare coincidere il termine per la stipulazione
del definitivo con il completamento dell’opera, evento non necessariamente
destinato a verificarsi nel triennio, di talché, stando alla lettera
della legge, la trascrizione del preliminare perderebbe senz’altro efficacia
costringendo il promissario acquirente ad una nuova trascrizione. Ma v’è
di più. Proprio allo scopo di sfuggire alla tagliola del triennio,
il promissario potrebbe essere spinto a procedere in ogni caso alla trascrizione
della domanda giudiziale con il risultato di rendere inoperante il congegno
normativo: sia chiaro, questo è un rischio al quale si è
comunque esposti ma esso viene sicuramente esaltato da un’interpretazione
fideistica dell’art. 2645 – bis, comma 3, sicché suggerirei di considerare
la norma sul triennio alla stregua di una norma suppletiva, da applicarsi,
quindi, soltanto là dove il preliminare taccia in ordine al quando
della stipula del definitivo.
Anche la cancellazione della trascrizione del preliminare
ha di mira la tutela del promittente alienante, pur incidendo più
sull’apparenza che non sull’efficacia della trascrizione. In un certo senso
si può dire che lo stato di cose sotteso alla cancellazione sia
l’esatto opposto di quello sotteso alla perdita di efficacia per decorrenza
del termine: in quest’ultimo caso, il preliminare, in quanto fattispecie
sostanziale, si mantiene vivo venendo meno solo la sua vis prenotativa;
viceversa, nel primo caso sul piano sostanziale il preliminare ha cessato
di esistere mentre sopravvive l’ apparenza creata dalla sua trascrizione.
Da qui, appunto, la necessità della cancellazione che può
avvenire o sulla base di una sentenza passata in giudicato (che dichiari
il preliminare nullo o che lo annulli, lo risolva o lo rescinda), o sulla
base di una vicenda estintiva in qualche modo riconducibile alla volontà
delle parti (mutuo dissenso o anche recesso unilaterale).
Con riguardo alla cancellazione su base volontaria, è
opportuno accennare a due questioni di una certa rilevanza pratica. La
prima è se alla cancellazione si possa procedere su iniziativa del
solo promissario acquirente, cioè del soggetto cui fa capo l’ interesse
protetto dalla trascrizione del preliminare: la risposta è senz’altro
positiva sia perché, appunto, il promissario acquirente è
per definizione il più attento custode delle sorti della trascrizione,
sia perché egli potrebbe voler rimuovere una trascrizione illegittima
potenzialmente foriera di responsabilità extracontrattuale.
La seconda questione attiene all’ammissibilità
di una cancellazione consensuale della trascrizione alla quale non si accompagni
l’estinzione del preliminare sul piano sostanziale, ipotesi meglio nota
come “rinuncia successiva alla trascrizione”. Debbo dire che, sebbene la
prevalente dottrina dia al quesito risposta positiva, io sono un po’ perplesso
al riguardo perché mi pare poco in linea con l’intima logica del
sistema pubblicitario il riconoscimento alle parti di un potere di disporre
della trascrizione ad nutum, cioè indipendentemente dal verificarsi
di eventi incidenti sulla fattispecie sostanziale. In altre parole, una
volta scelto di rendere pubblico un certo fatto e, dunque, suscitato nella
generalità il correlativo affidamento, non mi pare sia opportuno
consentire alle parti di fare il cammino inverso: semmai, può immaginarsi
che le parti rinunzino ex ante alla trascrizione giacché anche questo
è un modo di esercitare l’ autonomia privata. Ma, ripeto, la prevalente
dottrina è orientata in senso opposto (quindi, inammissibilità
della rinunzia preventiva, ammissibilità della rinunzia successiva).
6. La novella contiene una serie di disposizioni
particolari relative ad edifici da costruire o in corso di costruzione
(art. 2645 – bis, comma 1) o a porzioni di edifici in costruzione o in
corso di costruzione (art. 2645 – bis, commi 4, 5 e 6). Queste disposizioni,
mentre rivestono un certo significato dal punto di vista giuspolitico,
nel senso che denunciano una volta di più l’intenzione del legislatore
di tutelare un gruppo sociale molto numeroso – quello degli acquirenti
di beni immobili e, all’interno di esso, gli acquirenti di unità
immobiliari ancora sulla carta - non sembrano, viceversa, rappresentare
una grande novità dal punto di vista sistematico, una volta ammessa
in via generale la trascrivibilità del preliminare. E’ da tener
presente, infatti, che per opinione comune, suffragata dal nuovo testo
dell’art. 2659, comma 2 n. 4 c.c. in cbn. disp. con l’ art. 2826 c.c.,
già la vendita di cosa futura fosse trascrivibile (G. Gabrielli):
ora, la trascrizione di un preliminare di vendita avente ad oggetto un
bene futuro non modifica il quadro in misura sostanziale, giacché
in entrambi i casi opererà un meccanismo in virtù del quale
la trascrizione rende indisponibile medio tempore la proprietà del
suolo da parte del promittente alienante, mentre essa sarà acquistata
al promissario acquirente al verificarsi della condizione sospensiva rappresentata
dalla costruzione dell’edificio: evento quest’ultimo che perfeziona o la
vendita o il preliminare di vendita con l’obbligo, qui, di stipulare il
definitivo che, appunto, trasferendo al promissario la proprietà
del suolo gli fa acquistare, per accessione, anche l’edificio.
Una più marcata preoccupazione esprime il legislatore
per la sorte dei promissari acquirenti di appartamenti con riferimento
ai quali sono dettate le disposizioni di cui ai commi 4,5 e 6 dell’art.
2745 – bis. Si tratta fondamentalmente di regole sul contenuto della nota
di trascrizione (non a caso richiamate dall’art.2659, comma 2, n. 4) e
finalizzate ad individuare nel modo più preciso possibile la superficie
e la quota del diritto spettanti al promissario acquirente. Nella legge
è contemplata l’eventualità che vi sia uno scarto tra la
superficie e la quota indicate nella trascrizione e quelle effettivamente
risultanti a edificio completato, scarto che è considerato irrilevante
entro i limiti del ventesimo (quindi, del 5%) mentre, se esso eccede tale
limite, per la parte non coperta dalla trascrizione il promissario acquirente
è destinato a soccombere nel conflitto con eventuali aventi causa
medio tempore. Da ricordare, infine, che ai sensi dell’art. 2745 – bis,
comma 5 l’effetto prenotativo sulle porzioni materiali corrispondenti alle
quote di proprietà e alle parti comuni insorge con il venire ad
esistenza dell’edificio e che, ai sensi del successivo comma 6, l’edificio
si considera venuto ad esistenza allorché sia stato eseguito il
rustico comprensivo del tetto e delle mura perimetrali. Ne discende che,
mentre per questi beni il termine di consunzione dell’effetto prenotativo
decorrerà dalla venuta ad esistenza dell’edificio, per il suolo
decorrerà dalla trascrizione del preliminare: questa inopportuna
divaricazione temporale rappresenta un motivo ulteriore per assegnare alla
norma sul triennio valore suppletivo e non imperativo (v. supra, §
5), di modo da consentire alle parti una più serena pianificazione
dell’intera vicenda.
7. L’effetto prenotativo riconosciuto al preliminare cede di fronte alle ipoteche iscritte anteriormente sull’edificio o complesso condominiale in costruzione o ancora da costruire a garanzia di un mutuo fondiario accordato dalla banca al costruttore ex art. 38 e ss. della nuova legge bancaria. Ciò accade, ai sensi dell’art. 2825 – bis, allorché il promissario acquirente si sia accollato una quota del debito derivante da tale finanziamento al momento della stipula del preliminare o con atto successivo. La ratio politica di questa norma (che, essendo di carattere eccezionale, non è suscettibile di interpretazione analogica: donde la necessità di individuare esattamente il tipo di finanziamento al quale deve accedere l’ipoteca de qua) è abbastanza trasparente: in un settore già attraversato da una crisi piuttosto grave, come quello dell’edilizia abitativa, la soccombenza dell’ipoteca pretesa dalle banche a garanzia del loro credito rappresenterebbe una insuperabile remora alla concessione del finanziamento con esiti probabilmente fatali per la stessa sopravvivenza delle imprese. Sul piano tecnico la norma, che ha dei precedenti in materia di ipoteca legale (art.2650, comma 3 c.c.) e di separazione dei beni del defunto (art.518, comma 2 c.c.), trova la sua giustificazione nella circostanza che non sarebbe ragionevole consentire al promissario acquirente di sottrarsi ad un vincolo (quello derivante nel caso di specie dall’ipoteca) necessariamente connesso al debito che egli si è accollato. Si spiega in tal modo anche il fatto che “l’ipoteca posteriore in tanto sia opponibile al promissario acquirente solo in quanto nel contratto preliminare trascritto risulti menzionato e il finanziamento e l’accollo di una quota di esso da parte del promissario” (Luminoso). Una conferma al riguardo offre l’art. 2825 – bis il quale esige che, là dove l’accollo abbia avuto luogo con atto successivo alla trascrizione del preliminare, tale atto vada annotato a margine della trascrizione stessa: trattasi di un’ipotesi di pubblicità notizia (G. Gabrielli) finalizzata a rendere di pubblico dominio sia il finanziamento sia l’accollo.
8. La tutela del promissario acquirente non si
esaurisce nell’attribuzione alla trascrizione di un’efficacia prenotativa:
essa, nel disegno del legislatore della novella, si estende fino al punto
da presidiare i crediti restitutori e risarcitori derivanti dalla mancata
esecuzione del contratto preliminare. Tale presidio si realizza, ai sensi
dell’art. 2775 – bis, mediante l’attribuzione al promissario acquirente
di un privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare
che, nell’ordine dei privilegi sugli immobili fissato dall’art. 2780, va
ad occupare il posto corrispondente al n. 5 – bis.
I due presupposti ai quali la legge subordina l’insorgere
del privilegio sono a) che il contratto preliminare sia stato trascritto
(sicché, rispetto al privilegio, la pubblicità in questione
avrà efficacia costitutiva integrandosi in tal modo gli estremi
di un privilegio “iscrizionale”: v., per un precedente codicistico, l’
art.2762, comma 2 c.c. ma figure consimili si riscontrano anche nell’àmbito
della legislazione speciale); b) che gli effetti della trascrizione non
si siano esauriti al momento della risoluzione del contratto risultante
da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di
risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento
della trascrizione del pignoramento (a proposito della quale ipotesi bisognerà
osservare che essa riveste un minimo di senso solo là dove il promissario
acquirente proceda all’esecuzione forzata sulla base di un titolo stragiudiziale
– così Cian - giacché se il titolo esecutivo fosse di formazione
giudiziale all’origine non potrebbe non esservi una domanda di condanna
al pagamento; aggiungo che se così stanno le cose, evidentemente
il legislatore ha voluto subordinare il perfezionarsi del privilegio al
tempestivo esercizio dell’azione, non accontentandosi della mera consacrazione
del debito nella chartula: ma allora v’è da chiedersi perché
mai giudichi sufficiente un semplice atto di risoluzione del contratto)
o, infine, al momento dell’intervento nella esecuzione promossa da terzi.
La disciplina contenuta nel comma 1 dell’ art. 2775 -
bis si salda, nella prospettiva del legislatore, a quella del comma 3 dell’art.
2745 – bis: in altre parole, entro il lasso temporale ivi stabilito, tutte
le vicende relative al preliminare dovranno concludersi, o bene (con la
trascrizione del definitivo o di atto equipollente) o male (con la trascrizione
della domanda giudiziale volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica
dell’obbligo di stipulare il definitivo o, in alternativa, con l’esercizio
delle pretese restitutorie o risarcitorie derivanti dalla mancata esecuzione
del preliminare). Ne consegue che di fronte all’inadempimento del promittente
alienante (e sempreché la prestazione sia ancora possibile), il
promissario acquirente sarà chiamato a scegliere tra la tutela specifica
e la conservazione dell’effetto prenotativo (nel qual caso dovrà
procedere alla trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2652, n. 2
c.c.) e la via della tutela risarcitoria e l’acquisto del privilegio speciale
(nel qual caso dovrà affrettarsi a proporre la domanda di condanna
al pagamento).
Così, quando il preliminare sia stato risolto
a seguito di mutuo dissenso (evenienza espressamente contemplata dall’art.
2775 – bis là dove si fa riferimento alla “risoluzione del contratto
risultante da atto avente data certa”, fattispecie questa alla quale, a
mio avviso, devono riportarsi anche tutte le varie fattispecie di risoluzione
stragiudiziale, quella da diffida ad adempiere documentata dallo stesso
atto di diffida, quella da clausola risolutiva espressa documentata dalla
dichiarazione del creditore di volersi avvalere della clausola, quella
da termine essenziale documentata dal contratto), di inadempimento - sempreché
il creditore non mantenga interesse alla prestazione perché allora
il circuito rimediale da attivare sarà l’altro – di impossibilità
sopravvenuta della prestazione, di eccessiva onerosità, di rescissione,
ovvero sia stato annullato, dichiarato nullo, o, ancora, sia stato sciolto
dal curatore fallimentare ex art. 72 l. fall. (e qui emerge piuttosto
netto, un profilo di discriminazione ai danni di chi abbia già stipulato
il contratto traslativo cui non spetta alcun privilegio: così Luminoso).
Un cenno merita, infine, il comma 2 dell’art. 2775 –
bis alla stregua del quale “il privilegio non è opponibile ai creditori
garantiti da ipoteca relativa a mutui dati al promissario acquirente per
l’acquisto del bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca
ai sensi dell’art. 2825 – bis.” A prima vista sembrerebbe trattarsi di
una disposizione di carattere eccezionale in quanto essa deroga al più
generale principio di prevalenza dei privilegi immobiliari sulle ipoteche
sancito dall’art. 2748, comma 2 c.c.e, quindi, di stretta interpretazione.
Se così fosse, però, bisognerebbe ammettere che il privilegio
in questione prevale anche sulle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione
del preliminare, con effetti facilmente immaginabili sul comparto del credito
all’edilizia: onde evitare inconvenienti tanto gravi, pertanto, è
opportuno intendere la regola de qua nel senso che il privilegio speciale
accordato al promissario acquirente prevale su tutte le ipoteche iscritte
dopo la trascrizione del preliminare, salvo le due espressamente richiamate
dalla legge, mentre per quel che riguarda le ipoteche iscritte anteriormente,
esso soccomberà, in ossequio ai criteri di risoluzione del conflitto
fra diritti propri della pubblicità dichiarativa (Luminoso).