GARANZIE REALI ATIPICHE
Francesca Fiorentini
SOMMARIO:
1. Premessa. – 2. L'evoluzione delle esigenze di sicurezza del credito. – 3. La
c.d. crisi delle garanzie reali tipiche. – 4. Le garanzie reali atipiche: le
figure al centro del dibattito. – 5. La categoria delle alienazioni a scopo di
garanzia. – 6. Fattispecie e declamazioni giurisprudenziali. – 7. Le
verbalizzazioni della dottrina: le oscillazioni interpretative intorno al
divieto di patto commissorio. – 8. Le proposte ricostruttive. – 9. Le aporie
interne alla civilistica italiana. – 10. Il sale
and lease–back. – 11. Il trust a scopo di garanzia. –
12. Considerazioni conclusive.
1. – In un'economia aperta, nella quale lo sviluppo dell'impresa e dei
consumi è strettamente dipendente dalle modalità di accesso ai finanziamenti,
la questione (dell'effettività) della tutela del credito è destinata a
rappresentare uno dei nodi centrali del dibattito in materia di rapporti di
diritto patrimoniale. Ogni scelta del sistema giuridico in ordine al problema
delle garanzie dell'obbligazione influenza del resto in misura determinante
l'affidabilità e quindi l'efficienza del mercato del credito (in ambito
transnazionale, i primissimi riferimenti circa lo studio delle connessioni fra
sviluppo economico, bisogno di finanziamenti e strutture giuridiche, in P.R.
Woods, Comparative
law of security and guarantees, London, 1995, pp. 5 ss.; Id., Comparative
financial law: a classification of the world's jurisdictions, in R.
Cranston (cur.) Making commercial
law. Essays in honour of R. Goode, London, 1997, pp. 31 ss.; 41 ss.).
La riflessione di diritto interno attorno al settore della responsabilità patrimoniale e delle garanzie del credito altro non è se non riflessione sul modo con cui un dato sistema giuridico, in un certo momento storico, si sforza di equilibrare il peso di due esigenze, che fanno capo a valori portanti delle economie di mercato: da un lato, il potenziamento della tutela del credito, dall'altro lato, l'interesse generale ad una circolazione della ricchezza, la più libera e spedita possibile (questa, del resto, è la prospettiva segnata dall'intramontabile indicazione metodologica di G. Gorla, Del pegno. Delle ipoteche, in Comm. cod. civ. a cura di A. Scialoja–G. Branca, libro VI, 3a ed., Bologna, 1973, p. 2 e 147). Il modello di disciplina predisposto da ogni sistema giuridico si pone pertanto come cristallizzazione del miglior bilanciamento – secondo le capacità del sistema stesso – tra queste due (fra loro talora confliggenti) esigenze.
Le pagine che seguono muovono dalla constatazione di alcuni problemi ed inefficienze, che la formalizzazione del modello italiano, in materia di responsabilità patrimoniale e garanzie specifiche (reali) dell'obbligazione, ha lasciato irrisolti.
2. – Nell'arco degli ultimi cinquant'anni la rapida
evoluzione della realtà extragiuridica ha progressivamente messo a dura prova
la tenuta dei tradizionali istituti codicistici di sicurezza del credito, i
quali, modellati sulle esigenze di un'esperienza socio–economica ben più
arretrata rispetto a quella odierna, hanno inevitabilmente subito molteplici
sollecitazioni ad opera della prassi. Si è trattato di sollecitazioni volte
alla ricerca di tecniche sempre più agili di tutela dei finanziamenti e spinte
dalla progressiva accelerazione della velocità di circolazione della ricchezza
mobiliare, il cui peso specifico nella composizione (e valutazione) dei
patrimoni è così finito per aumentare grandemente (in questa direzione si
vedano, in generale, A. Gambaro, La proprietà, in Trattato di dir. priv. diretto
da G. Iudica e P. Zatti, 1990, pp. 23 ss.; G.B. Portale, Le garanzie bancarie internazionali,
Milano, 1989, pp. 1 ss.; L. Piazza, Garanzia. I) Diritto civile, in Enc. giur.,
Roma, 1990, pp. 4–6; G. Tucci, Garanzia, cit., pp. 579 ss., 591 s.; C.
Licini, Le
tecniche moderne di garanzia nella prassi notarile, in Riv. notar.,
1996, pp. 1001 ss., 1004 ss.; con specifico riferimento alle tendenze evolutive
del settore dei privilegi, anche con cenni di diritto comparato, si rimanda a
G. Tucci, Riforma
dei privilegi e finanziamento dell'impresa, in Legislazione economica,
sett. 1978–ago. 1979, a cura di F.Vassalli–G. Visentini, Milano, 1981, pp. 187
ss.; Id., I
privilegi, in Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno,
19, Torino, 1985, pp. 449 ss.; 466 ss.).
In relazione alla capacità di adattamento del
formante legale del nostro sistema delle garanzie specifiche alle nuove
esigenze imposte dall'evoluzione del mercato dei finanziamenti si possono
stilizzare alcune indicazioni generali.
Innanzitutto, e sotto un profilo meramente
descrittivo, può osservarsi come la disciplina predisposta dal legislatore del
1942 per le garanzie personali si sia rivelata sufficientemente elastica da
permettere alla prassi, da un lato, di apportare una pluralità di emendamenti
ai tradizionali e tipici schemi codicistici (si pensi al caso della
fideiussione omnibus), e dall'altro, di importare da ordinamenti
stranieri, in particolare da quelli di common law, figure negoziali atipiche (si
pensi alle garanzie autonome a prima richiesta, o alle lettere di patronage),
le quali, sospinte dalla rapida diffusione di cui hanno potuto godere
soprattutto nel settore bancario, hanno superato le iniziali oscillazioni
manifestate da dottrina e giurisprudenza sul punto della loro liceità (in
merito all'evoluzione del diritto delle garanzie personali, aspetto che
peraltro esula dalla presente indagine, si vedano e multis: F. Nappi, Studi sulle
garanzie personali. Un percorso transnazionale verso una scienza civilistica
europea, Torino, 1997; G. Biscontini, Assunzione di debito e garanzia del
credito, Napoli, 1993; G. Bozzi, L'autonomia negoziale nel sistema delle garanzie
personali, Napoli, 1990; M. Viale, Le garanzie bancarie, in Trattato di
diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da
F. Galgano, XVIII, Padova, 1994, pp. 69 ss.; G. Chinè, Fideiussione omnibus e contratto
autonomo di garanzia, in Gius., 1996, pp. 93 ss.; tra le disamine che si
occupano sia di garanzie personali che reali, ricche di riferimenti
giurisprudenziali, v. M. Sesta, Le garanzie atipiche, I, Padova, 1988, pp.
455 ss.; R. De Nictolis, Nuove garanzie personali e reali, Padova,
1998, pp. 20 ss; 207 ss., 375 ss.; in prospettiva geograficamente allargata: G.
Chinè, I
contratti di garanzia, in Diritto privato europeo, a cura di N.
Lipari, II, Padova, 1997, pp. 894 ss.).
Al contrario, il sistema delle garanzie reali
tipiche ha pesantemente subito la rigidità che connota la disciplina
codicistica della responsabilità patrimoniale e si è rivelato incapace di
seguire il passo del mutamento dei tempi. Noti dogmi – come quello
dell'inderogabilità, da parte dell'autonomia privata, del principio della par condicio
creditorum, o quello della tipicità e del numerus clausus dei diritti
reali di garanzia –, nonché altre ragioni, che si può dire abbiano operato a
livello di crittotipo – come la fedeltà ad alcuni risalenti moduli
interpretativi, oppure l'antica minaccia dell'usura – sembrano aver eliminato a
priori, per il principio dell'autonomia privata, qualsiasi possibilità di
accesso al settore del diritto delle garanzie reali, creando così i presupposti
per il progressivo divaricarsi di una scollatura già esistente e profonda tra
staticità dei modelli giuridici e dinamicità della realtà economica (in merito
al profilo della c.d. crisi delle garanzie reali tipiche, si possono vedere V.
Mariconda, Trasferimenti
commissori e principio di legalità, in Foro it., 1990, I, c. 1428;
F. Realmonte, Stipulazioni commissorie, vendita con patto di riscatto e distribuzione
dei rischi, ivi, 1990, I, c. 1440; M. Bussani, Il modello
italiano delle garanzie reali, in Contr. e impr., 1, 1997, pp.
163 ss.; Id., Patto commissorio, proprietà e mercato. Appunti per una ricerca,
in Riv.
crit. dir. priv., 1, 1997, pp. 113 ss., 127; si esprime per la necessità
di un superamento della centralità delle garanzie reali C. Licini, Le tecniche
moderne di garanzia nella prassi notarile, cit., p. 1005).
3. – Ancora in termini generali e preliminari,
occorre tener presente che l'insoddisfazione per l'attuale stato del diritto
delle garanzie reali tipiche non risparmia alcuna delle figure tradizionali.
In breve, quanto al settore mobiliare, si osserva
come la disciplina legislativa del pegno, nel richiedere lo spossessamento del
debitore ai fini della costituzione del diritto di garanzia sul bene mobile, ex
art. 2786 c.c. (la rigidità dell'interpretazione giurisprudenziale del
requisito dello spossessamento è evidenziata da S. Gatti, Il credito su pegno, Milano,
1997, p. 154; M. Bussani, Il modello italiano delle garanzie reali,
cit., p. 164; F. Anelli, L'alienazione in funzione di garanzia,
Milano, 1996, p. 3; G. Grisi, Forme e modelli della garanzia, in Riv. crit.
dir. priv., 1997, p. 187), impedisca che tutta una categoria di beni
(quali i beni aziendali destinati alla produzione, le merci in lavorazione o
che abbisognano di continui controlli e di particolari metodi di conservazione,
etc.) siano suscettibili di essere vincolati per fini di finanziamento (M.
Bussani, Il
modello italiano delle garanzie reali, cit., pp. 165 ss.; E.
Gabrielli, Sulle
garanzie rotative, Napoli, 1998, p. 19 s.). Egualmente pesanti, si
fa poi notare, appaiono le formalità – la doverosità dell'atto scritto, la
notifica al debitore del credito, l'accettazione di costui con scrittura avente
data certa – imposte dall'art. 2800 c.c. per la nascita del pegno su credito (a
proposito del pegno di crediti si vedano F. Ruscello, Il pegno sul credito. Costituzione e
prelazione, Napoli, 1984; G. Molle, I contratti bancari, 4a ed.,
in Tratt.
dir. civ. e comm. diretto da A. Cicu–F. Messineo e continuato da L.
Mengoni, 1981, pp. 261 ss.; P. Perlingieri, Della cessione dei crediti, in Comm. cod.
civ. a cura di A. Scialoja–G. Branca, Bologna–Roma, 1982, p. 42; T.
Mancini, Pegno
di crediti, cessio pro solvendo e cessione a scopo di garanzia, in Banca,
borsa, titoli credito, 1968, II, pp. 283 ss.; in materia di pegno si
vedano, in generale, G. Gorla–P. Zanelli, Del pegno, in Comm. cod. civ. a cura di A.
Scialoja–G. Branca, 4a ed.; Bologna, 1992; F. Realmonte, Il pegno, in Tratt. dir.
priv. diretto da P. Rescigno, 19, Torino, 1985, pp. 629 ss.; Id., L'oggetto
del pegno: vecchi e nuovi problemi, in Banca, borsa, tit. cred.,
1994, I, pp. 10 ss.).
Nondimeno, e proprio con riguardo alla necessità del
rispetto delle caratteristiche tradizionali della garanzia pignoratizia
(tipicità, accessorietà, indivisibilità, realità, etc.) un cenno va qui rivolto
(rinviando per ogni ulteriore approfondimento alla Sintesi di E. Gabrielli, Pegno,
in questa Rivista,
II, 1997, pp. 765 ss.) agli sviluppi registrati nell'ambito del più recente
dibattito instauratosi tra dottori ed interpreti togati.
Tali sviluppi concernono, da un lato, ed in
relazione al principio di determinatezza del credito, l'ormai asserita validità
del pegno c.d. omnibus, costituito cioè a garanzia di crediti futuri ed
indeterminati; dall'altro, ed in connessione al principio della determinatezza
dell'oggetto della garanzia reale, la validità delle clausole c.d. di
“rotatività”, le quali mirano a far rientrare nell'oggetto del pegno beni
futuri o diversi rispetto a quelli originari, senza che sia necessario a tal
fine alcun ulteriore adempimento formale (E. Gabrielli, Sulle garanzie rotative,
cit., passim).
I risultati sinora raggiunti dall'evoluzione del
settore della garanzia mobiliare tipica – sebbene non sufficienti ad adeguare
il formante legale alle attuali esigenze del settore commerciale ed industriale
– meritano attenzione perchè hanno esaltato la possibilità dell'esplicazione
del potere di autonomia privata in un campo dal quale la tradizione
interpretativa l'aveva sostanzialmente emarginata. Allo stato attuale si
ritiene pertanto che i privati – seppur non legittimati a creare nuove forme di
garanzia reale rispetto a quelle tipiche – possano tuttavia adattare la
funzione di garanzia del negozio costitutivo del diritto di pegno alle
particolarità dell'operazione economica in concreto, possano cioè produrre gli
effetti della garanzia reale tipica attraverso l'impiego di tecniche
contrattuali parzialmente diverse da quelle previste dal formante legale (per
questi aspetti si rimanda a G. Piepoli, Garanzie sulle merci e spossessamento,
Napoli, 1980, passim; E. Gabrielli, Il pegno "anomalo", Padova,
1990; Id., Pegno, in
questa Rivista,
cit.; Id., Sulle
garanzie rotative, cit., p. 21 ss.; G. Chinè, Il pegno "rotativo" tra
realtà e consensualità, in Giur. it., 1996, I, 2, pp. 569 ss.; M.
Bussani, Il
modello italiano delle garanzie reali, cit., pp. 166 ss.; C.
Salinas, Il
pegno "omnibus", in Banca, borsa, titoli credito, 1997, I, pp.
603 ss.; A.M. Azzaro, Il pegno "rotativo" arriva in Cassazione:
ovvero "come la dottrina diventa giurisprudenza", ivi,
1998, II, pp. 491 ss.; sul piano comparatistico, nella prospettiva di
un'analisi di modelli razionali di garanzie reali mobiliari, si rinvia a Alb.
Candian, Le
garanzie mobiliari. Modelli e problemi nella prospettiva europea,
Milano, 1999; sempre in un'ottica transnazionale, per la letteratura tedesca,
basti rinviare a U. Drobnig, Mobiliarsicherheiten – Vielfalt oder Einheit?
Vergleichender Generalbericht, Baden–Baden, 1999; intorno alla più
generale relazione fra autonomia privata e diritti reali si vedano A. Gambaro, La proprietà,
in Trattato
di dir. priv. diretto da G. Iudica e P. Zatti, Milano, 1990, p. 67;
R. Sacco–G. De Nova, Il contratto, in Tratt. dir. civ. diretto da
R. Sacco, Torino, 1993, t. II, p. 66; P. Rescigno, Note sulla atipicità contrattuale (a
proposito di integrazione dei mercati e nuovi contratti di impresa),
in Contr.
e impr., 1990, p. 52; G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio
giuridico, Milano, 1966, pp. 242 ss.; M. Costanza, Numerus
clausus dei diritti reali, in Studi in onore di Grassetti, I, Milano,
1980, pp. 421 ss.; Ead., Il contratto atipico, Milano, 1981, pp.
141 ss.; Alb. Candian, Il contratto di trasferimento di volumetria,
Milano, 1990, p. 87; F. Anelli, L'alienazione in funzione di garanzia,
cit., pp. 319 ss.).
Ugualmente insoddisfacente si è rivelata la
disciplina codicistica delle garanzie reali immobiliari. Ciò perché, si è fatto
osservare, da un lato, essa non prevede che l'ipoteca possa circolare
autonomamente rispetto al credito garantito; dall'altro, perché essa rende
inevitabile, per la sua realizzazione, il ricorso a procedure esecutive
giudiziali estremamente lunghe e costose, che spesso portano ad un ricavato
largamente inferiore al valore del bene. E' evidente che la difficoltà di
realizzazione dell'ipoteca ha come principale conseguenza quella di rendere più
complicata la soddisfazione delle ragioni del finanziatore, e quindi più
oneroso l'accesso al credito per il proprietario immobiliare (sulle ipoteche si
vedano, in generale, G. Gorla–P. Zanelli, Delle ipoteche, in Comm. cod. civ. a cura di A.
Scialoja–G. Branca, 4a ed., Bologna, 1992; A. Ravazzoni, Ipoteca. I) Ipoteca immobiliare,
in Enc.
giur., XVII, Roma, 1989; Id., Le ipoteche, in Tratt. dir. priv. diretto da
P. Rescigno, 20, Torino, 1985, pp. 3 ss.; le ultime innovazioni, soprattutto
leglslative, in materia di ipoteca si trovano in A. Chianale, Ipoteca,
in questa Rivista,
4, 1999, pp. 495 ss.; intorno al tema della circolazione del diritto di ipoteca
e più in generale per una valutazione globale dell'(in)efficienza della
garanzia immobiliare tipica nel nostro sistema: A. Chianale, Ipoteca,
in questa Rivista,
II, 1993, p. 504 s.; Id., Ipoteca, in Dig. IV, Disc. Priv., Sez. civ.,
X, 1993, pp. 158 ss.; M. Bussani, Il modello cit., pp. 176–180; P. Zanelli, Considerazioni
di interesse notarile in tema di ipoteca: flessibilità e altre innovazioni,
in Contr.
e impr., 2, 1998, pp. 901 ss.; più in generale si vedano le riflessioni
di F. Realmonte, Le garanzie immobiliari, in Jus, 1986, pp. 16 ss.; G.
Presti, Ipoteca
per debito altrui e fallimento, Milano, 1992; Id., Il
privilegio per i finanziamenti bancari a medio e lungo termine in favore delle
imprese, in Banca, borsa, titoli credito, 1995, I, p.
594; in merito al problema dell’inadeguatezza delle procedure esecutive
immobiliari: A. Galasso, La vendita forzata di immobili ipotecari a garanzia
di finanziamenti a medio e lungo termine, in Contr. e impr., 1995, pp.
447 ss.; l’A. auspica e promuove quella parziale riforma delle procedure
giudiziali di vendita immobiliare che si è recentemente avuta con la legge n.
302 del 3 agosto 1998, “Norme in tema di espropriazione forzata e di atti
affidabili ai notai”, pubblicata in G.U. n. 196 del 24 agosto 1998,
che delega ai notai le procedure di incanto nell'espropriazione forzata; su
questa riforma si vedano C. Campeis–A. De Pauli, Espropriazione immobiliare credito
fondiario e delega ai notai, Padova, 1999; F.G. Nardone, Delega al
notaio nella espropriazione forzata immobiliare: dalla "prassi
pratese" alla riforma della legge n. 302/1998, in Riv. del
notar., 3, 1999, pp. 605 ss.; in ordine ai problemi che si pongono
oggi in Italia per la realizzazione dell'ipoteca, con dati statistici e
riferimenti di diritto comparato, si vedano anche gli Atti del Convegno “Delegabilità ai
notai delle operazioni di incanto nelle espropriazioni immobiliari”,
Milano, 1994).
Come è noto, la rigidità del dato legale del sistema
italiano delle garanzie reali del credito ha visto opporsi, sul piano
operativo, una prassi che ha cercato di aprire il settore del diritto
patrimoniale a schemi diversi, atipici, mediante il ricorso agli strumenti più
semplici e duttili predisposti dal diritto delle obbligazioni e dei contratti.
In particolare, il ricorso ad operazioni di trasferimento di diritti a scopo di
garanzia del credito – alienazioni fiduciarie, cessioni, costituzione di trusts,
etc. –, in luogo della costituzione di garanzie reali tipiche, non rappresenta
un fenomeno né nuovo, né proprio esclusivamente del nostro sistema giuridico.
Nell'ambito di questo quadro di riferimento, e
proprio nella prospettiva della ricerca di una via per superare l'inefficienza
che soffoca le garanzie reali tradizionali e con esse tutto il settore
creditizio, si colloca la presente Sintesi. La rassegna, difatti, intende
rendere conto delle risposte fornite dai formanti giurisprudenziale e
dottrinale in ordine al problema dell'ammissibilità, nel nostro sistema, di
figure giuridiche atipiche che assolvano alla funzione di garanzia in senso
tecnico.
4. – Al centro del dibattito relativo al più ampio genus delle
garanzie reali atipiche si pone innanzitutto una vasta gamma di figure che la
dottrina ha raggruppato nella ormai nota categoria delle c.d. alienazioni a
scopo di garanzia.
Gli schemi contrattuali in essa annoverati sono
accomunati dal fatto di essere per lo più – secondo la qualificazione
largamente prevalente – strumenti tipici, piegati dalle parti alla
realizzazione di fini di garanzia del credito.
Le fattispecie senz'altro più ricorrenti nella
casistica giurisprudenziale sono infatti costituite, come si vedrà in seguito,
da vendite sospensivamente o risolutivamente condizionate all'(in)adempimento
del debitore, oppure da vendite con annesso patto di ricompera, di riscatto o
di retrovendita. In questi casi, la funzione di garanzia si attuerebbe non
mediante la costituzione di uno ius praelationis in capo al creditore tutelato,
bensì mediante il trasferimento allo stesso creditore – a titolo, si dice,
temporaneo o provvisorio – del diritto pieno di proprietà.
L'ordine che verrà qui dato alla trattazione delle
questioni relative alle alienazioni a scopo di garanzia si apre con (I) un
preliminare excursus
sulle fattispecie concrete presentatesi al vaglio delle corti e sulle posizioni
invalse nel diritto giurisprudenziale in merito all'ammissibilità di quei
trasferimenti. Di qui si procederà ad esaminare (II) le diverse teoriche
prospettate a livello dottrinale, in ordine a struttura e funzione dei
trasferimenti di proprietà a scopo di garanzia e in merito al loro rapporto con
il divieto del patto commissorio. Le soluzioni pretorie e dottrinali fino a
quel punto esposte meriteranno poi il confronto con le regole correnti in
materia di cessione del credito a scopo di garanzia (III). Tutto ciò permetterà
di chiarire (IV) in che termini, e sulla base di quali argomentazioni, sia
possibile ritagliare uno spazio di liceità per tali forme di garanzie reali
atipiche nel nostro sistema, anche alla luce (V) del possibile utilizzo in
diritto interno della figura del trust.
5. – Al fenomeno dell’utilizzo del trasferimento della proprietà in funzione di garanzia di un rapporto obbligatorio si riconosce antica origine. Di esso vi sono testimonianze risalenti ad organizzazioni assai primitive, nelle quali la prima forma di sicurezza per il creditore – al di là della fiducia nella persona del debitore e quindi nel suo spontaneo adempimento – era la possibilità di ricorrere alla compravendita di un bene modificandone, mediante l’apposizione di patti accessorii, la funzione di scambio in funzione di garanzia (G. Gorla, Le garanzie reali dell'obbligazione, cit., pp. 28 ss.; 38 s.).
Per quanto concerne i sistemi giuridici moderni, la
vasta diffusione dell'utilizzo della proprietà a scopo di garanzia nel mondo
dei traffici economici è ormai sotto gli occhi di tutti.
A fini esemplificativi basterà pensare alle
indicazioni che provengono dal sistema tedesco. Esse sono un esempio
illuminante di come il diritto pretorio possa superare in modo efficiente la
rigidità del dato legale e, proprio in tale prospettiva, meritano di essere
brevemente richiamate anche in un indagine di diritto interno.
Nell'ordinamento tedesco, con riferimento alle
garanzie mobiliari tipiche, si presentano, in linea di principio, gli stessi
problemi che affliggono il sistema italiano. Il modello legale del pegno su
cosa mobile e su crediti (§§ 1204–1258 BGB) – richiedendo per la nascita della
garanzia, nel primo caso, lo spossessamento del debitore, al quale si
accompagna un conseguente divieto di ricorrere al costituto possessorio
nell'intento di evitare la formazione di garanzie occulte, e nel secondo caso
la notificazione al debitore – si è rivelato di difficile utilizzazione nella
prassi imprenditoriale. Per superare quest'impasse, l'autonomia privata, supportata
da una tradizione che riconosce un marcato rilievo al diritto consuetudinario e
giurisprudenziale, ha fatto ricorso a strumenti diversi da quelli tipici –
quali la vendita di beni mobili con riserva di proprietà (§ 455 BGB) o il
trasferimento in garanzia di crediti, o di beni mobili con costituto
possessorio (§ 930 BGB) – che nelle loro forme c.d. "prolungate" ed
"ampliate" ottengono il risultato di costituire una garanzia reale
atipica senza spossessamento, per la quale non si pongono problemi di validità
alla luce del divieto del patto commissorio (formalizzato anche nel sistema
tedesco dai §§ 1149 e 1229 BGB in relazione alle ipoteche e al pegno, ma di
fatto incapace di bloccare le alienazioni a scopo di garanzia sul piano
operativo; per i riferimenti, in lingua italiana, si vedano M. Bussani, Il problema
del patto commissorio. Studio di diritto comparato, I, Torino, 1999,
pp. 81 ss.; A. Braun, I trsuts di garanzia in Germania, in Trusts e
attività fiduciarie, 1, 2000, pp. 56 ss.; B. Cassandro Sulpasso, La vendita
con riserva di proprietà in diritto comparato, in AA.VV., Vendita e
trasferimento della proprietà nella prospettiva storico–comparatistica,
Milano, 1991, pp. 781 ss.; Ead., Comparazione giuridica ed uniformazione delle
legislazioni: le garanzie mobiliari, in questa Rivista, 1995, I, p. 573; A.
Chianale, Obbligazione
di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 218; F.
Anelli, L'alienazione
in funzione di garanzia, cit., p. 398; in particolare, per le note
figure dell' Eigentumsvorbehalt, della Sicherungsübertragung e
della Sicherungsabtretung
vedi R. Serick, Eigentumsvorbehalt und Sicherungsübertragung, I–VI,
Heidelberg, 1963–1986; Id., Deutsche Mobiliarsicherheiten, trad. it.,
Le
garanzie mobiliari nel diritto tedesco, Milano, 1990; Id., Freigabeklausen,
Deckungsgrenze und Haftungsbegrenze, in Neue juristische Wochenschrift,
1997, pp. 1592 ss.; U. Drobnig, Sicherungsrechte im deutschen Konkursverfahren,
in RablesZ,
1980, pp. 784 ss.; si rimanda altresì alle osservazioni di B. Rimmelspacher, in
Juristen
Zeitung, 1995, pp. 677 ss.; e di H. Weber, ivi, 1995, pp. 1181 ss.; in
prospettiva comparatistica v. E.M. Kieninger, Mobiliarsicherheiten im Europäiscen
Binnenmarkt, Baden–Baden, 1996).
Nel nostro sistema, al contrario, solo a fatica e
con soluzione di continuità i trasferimenti a scopo di garanzia hanno potuto
trovare spiragli di liceità: i nostri tribunali – seguendo un trend
non sempre uniforme – sono stati piuttosto severi nel comminare una sanzione di
nullità alle svariate figure giuridiche all’uopo utilizzate dalle parti, per lo
più invocando la violazione del divieto del patto commissorio di cui all’art.
2744 c.c.
Come è noto l'art. 2744 – con il quale il codice
civile del 1942 chiude il capo dedicato alle disposizioni generali in materia
di responsabilità patrimoniale, cause di prelazione e conservazione della
garanzia patrimoniale – sancisce la nullità del patto mediante il quale si
conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la
proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore, anche nel
caso in cui il patto sia posteriore alla costituzione della garanzia reale
tipica (c.d. patto commissorio ex intervallo). L’art. 1963 c.c. si
esprime con lo stesso tenore in materia di anticresi (sulle origini del divieto
del patto commissorio, nonché sui percorsi della recezione di esso all’interno
del nostro attuale codice civile, C.M. Bianca, Il divieto del patto commissorio,
Milano, 1957, pp. 85 ss. e, dettagliatamente, M. Bussani, Il problema del patto commissorio,
cit., pp. 167 ss.).
Per fornire un completo quadro di riferimento al problema della (in)validità delle alienazioni a scopo di garanzia è ora opportuno – prima di verificare le argomentazioni della dottrina – A) considerare quali siano le principali fattispecie di trasferimenti di diritti reali concretamente poste in essere nella prassi a scopo di sicurezza del credito, verificando al contempo quali siano gli argomenti utilizzati dalle corti in ordine all'ammissibilità delle stesse operazioni; B) esaminare, al fine di ottenere indicazioni utili a livello di sistema, le ragioni per cui talune figure (che con quelle appena ricordate presentano affinità funzionali o strutturali) sono riconosciute lecite dal formante legale, o ritenute tali dai formanti giurisprudenziale e dottrinale.
6. – Il primo dato che emerge dall’analisi dei casi giurisprudenziali in materia di alienazioni a scopo di garanzia è che quasi mai l’ipotesi prevista dalla lettera dell’art. 2744 c.c. – e cioè il patto di trasferimento in proprietà al creditore del bene ipotecato o dato a pegno sotto la condizione sospensiva del mancato pagamento del debito nel termine convenuto – si è presentata come tale al vaglio dei tribunali. E' peraltro comprensibile che i privati si siano dimostrati sufficientemente accorti da non incorrere in dirette violazioni del precetto normativo in questione.
Vediamo quali sono invece le operazioni cui la prassi ha fatto capo in concreto.
a) Una prima figura di alienazione a scopo di garanzia è quella della vendita stipulata tra debitore (alienante) e creditore (acquirente) e sottoposta alla condizione sospensiva dell'inadempimento del debitore, fattispecie che coincide con l'ipotesi nota nella nostra letteratura sotto la dizione di patto commissorio autonomo, ossia svincolato da una costituzione di pegno o ipoteca, e pertanto non esplicitamente vietato dalla lettera dell’art. 2744 c.c.
La giurisprudenza si è costantemente espressa per la nullità di simili
convenzioni a ragione del fatto che esse espleterebbero la stessa funzione
giuridica ed economica del patto commissorio adietto al pegno o all’ipoteca;
essa ha sempre ritenuto l’interpretazione del divieto – estesa oltre i limiti
letterali di cui all’art. 2744 c.c. – come un principio non problematico e,
generalmente, non bisognevole di particolare dimostrazione (si vedano Cass., 4
agosto 1950, n. 2373, in Giur. it., 1951, I, cc. 114 ss.; Cass., 31
marzo 1955, n. 956, in Rep. Foro it., 1955, voce “patto
commissorio”, nn. 1–2; Cass., 30 luglio 1957, n. 3229, in Mass. Foro it., 1957, cc.
631; per gli ulteriori riferimenti giurisprudenziali v. C.M. Bianca, Il divieto,
cit., p. 77 s., nt. 110 – 112).
b) In secondo luogo, di interesse primario si rivela
essere il caso della vendita – sempre tra debitore (alienante) e creditore
(acquirente) – ad effetti immediati, ma risolutivamente condizionata
all’adempimento del debitore.
Questa fattispecie si è per lo più presentata al
giudizio delle corti sotto le vesti di operazioni costituite da vendite con
patto di riscatto o da compravendite con annesso patto di retrovendita.
L’orientamento tradizionale delle corti a lungo si è
espresso nel senso della validità di tali trasferimenti immediatamente efficaci
e l’affermazione di liceità veniva sostenuta con le seguenti argomentazioni: la
vendita con patto di riscatto sarebbe solo analoga, ma non identica, al patto
commissorio, poiché “la vendita trasferisce immediatamente la proprietà della
cosa, mentre il patto commissorio la trasferisce solo in seguito ad
inadempimento” del debito (Trib. Avellino, 10 settembre 1957, in Temi
Napoletana, 1958, I, p. 223), ed inoltre il divieto del patto
commissorio “non è applicabile, neppure in via analogica, alla vendita […] a
scopo di garanzia accompagnata dal pactum de retrovendendo, in quanto il
patto commissorio si ha solo quando il trasferimento della proprietà è
sottoposto alla condizione sospensiva della mancata restituzione della somma
nel termine stabilito” (così si è espressa la Cass., 30 marzo 1967, n. 689, in Giur. it.,
1968, I, 1, c. 52; dello stesso tenore le motivazioni di Cass., 14 dicembre
1978, n. 5967, in Arch. civ., 1979, p. 462; Cass., 10 marzo 1979, n. 1493, in Rep. Giur.
It., 1979, voce “Patto commissorio”, n. 4; Cass., 26 gennaio 1980,
n. 642, in Arch.
civ., 1980, p. 681; Cass., 29 aprile 1980, n. 2854, Rep. Giur.
it., 1980, voce “Patto commissorio”, n. 1; Cass., 14 aprile 1981, n.
2245, ivi,
1981, voce “Vendita”, n. 73; Cass., 12 novembre 1982, n. 6005, ivi,
1982, voce “Patto commissorio”, n. 2; Cass., 6 giugno 1983, n. 3843, ivi,
1983, voce “Vendita”, n. 75; Cass., 18 aprile 1984, n. 2544, ivi,
1984, voce “Patto commissorio”, n. 4; Cass., 8 maggio 1984, n. 2795, ivi,
1984, voce “Vendita”, n. 51; Cass., 12 dicembre 1986, n. 7385, in Giur. it.,
1988, I, 1, c. 1230).
Come risulta da tali pronunce, i giudici
inizialmente adottavano un metro di giudizio basato su di un criterio c.d. strutturale
o cronologico, incardinato cioè sul diverso momento del passaggio in proprietà
del bene nell’ambito della convenzione tra le parti: se tale trasferimento era
immediato, il patto era valido; se esso avveniva solo in seguito al verificarsi
della condizione sospensiva (inadempimento del debitore), era nullo.
Con la decisione del 3 giugno 1983, n. 3800, cit.,
la Corte Suprema – mostrando di condividere autorevoli critiche dottrinali che
erano state mosse al suo precedente orientamento (le si vedranno più
chiaramente infra,
sub
n. 7, in materia di natura giuridica del patto commissorio; si noti come questa
fu una delle poche occasioni in cui, in materia di responsabilità patrimoniale
e garanzie reali, il formante dottrinale ha assunto un ruolo di guida degli
sviluppi del dibattito giurisprudenziale) – inaugurava un nuovo indirizzo. Da
quel momento, tutte le alienazioni a scopo di garanzia, anche se immediatamente
traslative del diritto di proprietà, sono state giudicate nulle per violazione
del divieto del patto commissorio e di conseguenza bandite dal nostro sistema
(creando un viluppo di soluzioni che, discostandosi palesemente da quelle
seguite da altri sistemi occidentali, anche di civil law, non ha mancato di
destare perplessità nella più recente dottrina: per le ragioni di tali
perplessità e per un esame dettagliato di quelle soluzioni, M. Bussani, Il problema
del patto commissorio, cit., pp. 205 ss.).
Statuisce infatti la Cassazione in questa pronuncia
che la vendita con patto di riscatto o sotto condizione risolutiva, così come
la vendita con pactum de retrovendendo o de retroemendo, se
intercorse tra debitore e creditore allo scopo di costituire una garanzia reale
a favore di quest’ultimo, sarebbero caratterizzate dallo scopo di garanzia
esattamente come le vendite sottoposte condizione sospensiva. A partire da
questa decisione – anticipata in verità da isolate pronunce precedenti (Cass.,
10 febbraio 1961, n. 288, in Foro it., 1961, I, c. 1155; Cass., 1
febbraio 1974, n. 282, in Giur. it., 1974, I, c. 1024) – il criterio
rilevante per la Suprema Corte ai fini della qualificazione dell’operazione non
è più quello del momento del trasferimento del diritto (criterio strutturale),
bensì quello dello scopo pratico attuato dalle parti in concreto mediante il
ricorso a qualsivoglia schema giuridico (criterio c.d. funzionale).
Non sempre univoche sono poi state le scelte dalla
S.C. in ordine alle tecniche utilizzabili per pronunciare la nullità delle
figure in questione. Mentre la nullità dell’alienazione risolutivamente
condizionata sancita da Cass. 3 giugno 1983, n. 3800 poggiava sulla “frode al
divieto del patto commissorio” attraverso la realizzazione di un “procedimento
simulatorio”, quella dichiarata dalla medesima Corte nella decisione del 6
dicembre 1983, n. 7271 (in Foro it., 1984, I, c. 426; Giur. it.,
1984, I, 1, c. 1698; Quadrim., 1984, p. 347; Riv. it.
leasing, 1985, p. 136) si esprimeva nei termini più innovativi di
una violazione diretta della norma in questione (in effetti già nell’ambito dell’orientamento
precedente i tribunali comminavano la nullità delle alienazioni risolutivamente
condizionate per il caso di simulazione; tra le successive sentenze della
Suprema Corte, che si uniformano a Cass., 3 giugno 1983, n. 3800 e riprendono
il riferimento alla simulazione, si segnalano: Cass., 3 novembre 1984, n. 5569,
in Riv.
it. leasing, 1985, p. 469; Cass., 3 novembre 1984, n. 5570, in Giur. it. Mass.,
1984; Cass., 5 agosto 1985, n. 4387, ivi, 1985; Cass., 6 dicembre 1986, n.
7260, in Riv.
it. leasing, 1987, p. 711).
L’orientamento giurisprudenziale apertosi con il revirement
del 1983 si consolidava definitivamente solo in seguito all’intervento delle
Sezioni Unite della Cassazione nel 1989, che consentiva di superare i contrasti
di vedute che si erano registrati tra le diverse Sezioni della stessa. Difatti
Cass., 12 dicembre 1986, n. 7385, in Riv. it. leasing, 1986, p. 665; Corr. giur.,
1987, p. 287; Foro it., 1987, I, c. 799; Cass., 8 maggio 1984, n. 2795 e
Cass., 22 gennaio 1985, n. 242, in Riv. notar., 1985, II, p. 1352 –
probabilmente a causa delle incertezze suscitate dalle motivazioni delle
recenti pronunce che si appoggiavano all'istituto della simulazione – erano
ritornate all’orientamento precedente, argomentando a favore di un'interpretazione
letterale dell’art. 2744 c.c., in base alla quale i trasferimenti immediati non
potevano ricomprendersi nell'ambito applicativo di tale norma.
Tra il 1987 ed il 1988 altre pronunce recuperavano
il criterio funzionale: non avrebbe rilevanza, per l'applicabilità del divieto
del patto commissorio, il fatto "che la definitiva attribuzione della
proprietà al mutuante si realizzi con il consolidamento irreversibile degli
effetti traslativi già soltanto in via provvisoria anticipati o con
l'irrevocabile prodursi di tali effetti" (Cass., 18 maggio 1988, n. 3462,
in Nuova
giur. civ. comm., 1989, I, p. 283, con nota di commento di M.
Bussani; si vedano anche Cass., 16 aprile 1987, n. 3784 in Riv. it. leasing, 1987, p.
711; Cass., 11 gennaio 1988, n. 46, in Foro it., 1988, I, c. 387; in Riv. it.
leasing, 1, 1989, p. 183).
Così, Cass. S.U., 3 aprile 1989, n. 1611 (in Corr. Giur.
1989, p. 522; Foro it. 1989, I, c. 1428; Nuova giur. civ. comm.,
1989, I, p. 357; Riv. notar., 1989, p. 890), seguita a brevissima distanza da
Cass. S.U., 21 aprile 1989, n. 1907 (in Foro it., 1990, I, c. 205), ribadiva
l’adesione al criterio funzionale stabilito dal revirement del 1983 ed oggi
prevalente. Secondo la prima di queste decisioni, una volta individuata la ratio del
divieto del patto commissorio nella tutela del debitore dalle coartazioni
morali del creditore e nel rispetto del principio della par condicio creditorum, ne
consegue la nullità di tutte le alienazioni in garanzia, a prescindere dal
momento del trasferimento del diritto e quindi dalla struttura negoziale
prescelta (tra le successive pronunce della Cassazione a sezioni semplici,
conformi all’orientamento delle S.U., si vedano: Cass., 27 febbraio 1991, n.
2126, in Giur.
it., 1992, I, 1, c. 136; in Giust. civ., 1992, I, p. 3167; Cass., 27
settembre 1994, n. 7878, in Contratti, 1995, p. 271; in Foro it.,
1995, I, c. 1227; in Notariato, 1995, p. 225; in Riv. notar.,
1995, II, p. 1004; Cass., 28 settembre 1994, n. 7890, in Corr. giur., 1995, p. 60, in
Foro it.,
1995, I, c. 1227; Cass., 13 dicembre 1994, n. 10648, in Massim. Cass. Civ.,
1994; Cass., 4 marzo 1996, n. 1657, in Giur. it. Mass., 1996; Cass.,
4 novembre 1996, n. 9540, in Riv. notar., 1998, pp. 1013 ss., con nota
di P. De Martinis; Cass., 10 febbraio 1997, n. 1233, in Riv. notar., 1998, pp. 299
ss., con nota di V. Gammone; in Notariato, 1998, pp. 142 ss., con nota di
A. De Rosa; Cass., 11 febbraio 1998, n. 1396, in Riv. notar., 1998, pp. 745
ss.)
c) Anche la possibilità di raggiungere fini di
garanzia mediante la stipula di un mutuo con contestuale promessa di vendita di
un bene per il caso di inadempimento dell’obbligo di restituzione ex mutuo
– ipotesi nota sotto la dizione di patto commissorio obbligatorio – viene
respinta dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalente. Da un lato – si dice
– la combinazione contrattuale in oggetto presenta lo stesso contenuto di
quella vietata; dall'altro – si aggiunge – nella promessa di vendita, in
seguito all’inadempimento dell’obbligazione, resta possibile per il creditore
esperire il rimedio di cui all’art. 2932 c.c. ed ottenere piena soddisfazione
del suo diritto attraverso una sentenza che produca gli effetti del contratto
non concluso (per la giurisprudenza si vedano: App. Venezia, 5 settembre 1916,
in Riv.
dir. comm., 1817, II, p. 706; App. Bari, 15 dicembre 1955, in Foro it.,
1956, I, c. 1598; Cass., 24 giugno 1957, n. 2402, in Giur. it., 1958; I, 1, c.
463; in Riv.
dir. comm., 1958, II, p. 180 con nota di F. Dalmazzo; in Giust. civ.,
1957, I, p. 1960, con nota di R. Granata; in Foro pad., 1957, I, c. 766,
con nota di G. Stolfi; Trib. Firenze, 15 giugno 1966, in Giur. it., 1967, I, 2, c.
508; Trib. Savona, 31 dicembre 1980, in Giur. mer., 1981, I, p. 599; Cass., 12
novembre 1982, n. 6005, in Giur. it. Mass.,
1982, 1438; Cass., 9 giugno 1986, n. 3815, in Giur. it. Mass., 1986, 649;
Trib. Terni, 12 gennaio 1993, in Riv. giur. umbra, 1993, p. 357; Cass., 16
agosto 1990, n. 8325, in Giur. it., 1991, I, 1, c. 1208; Cass., 19
settembre 1992, n. 10749, in Giust. civ., 1993, I, p. 3055; lungo la
stessa linea la dottrina: C.M. Bianca, Il divieto, cit., pp. 177 ss.; M. Fragali,
Del mutuo,
in Comm.
cod. civ. a cura di A. Scialoja–G. Branca, artt. 1813–1822,
II ed., Bologna–Roma, 1966, pp. 231 ss., 249; U. Carnevali, Patto
commissorio, in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, pp. 499
ss., 505; dissente G. Stolfi, Promessa di vendita a patto commissorio,
in Foro
pad., 1957, I, c. 767 per il quale nel patto commissorio
obbligatorio manca l’automatico trasferimento del diritto che sarebbe presupposto
dell’art. 2744 c.c.).
d) Un ulteriore schema contrattuale presentatosi al
vaglio delle corti consiste in un mandato a vendere l'immobile da eseguirsi nel
caso di mancato adempimento dell'obbligazione. Questa ipotesi è considerata
valida dalla giurisprudenza, che ne sottolinea la diversità strutturale con il
patto commissorio: l'immobile non passerebbe al creditore in conseguenza
dell'inadempimento, ma verrebbe alienato a terzi nell'esecuzione di un mandato
da compiersi con la diligenza del buon padre di famiglia. Inoltre, il prezzo
dell’alienazione eventualmente eseguitasi non sarebbe predeterminato ex tunc in
relazione alla somma mutuata, bensì ex nunc in base al valore di mercato del
bene al momento della compravendita stessa (Cass., 11 dicembre 1956, n. 4406,
in Giust.
civ., 1957, 1, p. 627 ed in Foro pad., 1958, I, c. 435, con nota di
C.M. Bianca; Trib. Roma, 24 marzo 1969, in Dir. fall., 1969, II, p. 468; Cass., 5
febbraio 1979, n. 766, in Riv. notar., 1979, p. 619; si esprime
invece per la nullità della procura a vendere un immobile rilasciata dal
debitore al creditore – sempre che essa sia funzionalmente connessa con un
rapporto di mutuo – Cass., 1 giugno 1993, n. 6112, in Mass., 1993).
La dottrina maggioritaria (C.M. Bianca, Il divieto,
cit., Milano, 1957, pp. 187 ss.; M. Fragali, Del mutuo, cit., p. 250; M.
Iacuniello Bruggi, Patto commissorio, in Enc. giur., 1990, Roma, p.
7) ha individuato nel mandato a vendere conferito al creditore un’ammissibile
deroga alle procedure di espropriazione forzata previste dalla legge; in
particolare – si sostiene – il mandato in rem propriam al creditore a liquidare
l'immobile avrebbe il pregio di evitare la sproporzione tra garanzia e credito,
mantenendo integre al contempo le ragioni della par condicio creditorum: il
creditore ha infatti diritto di soddisfarsi sul ricavato del prezzo, ma è
tenuto a restituirne l'eccedenza al debitore (R. Genghini, Patto commissorio e procura a vendere,
in Contr.
e impr., 1, 1995, pp. 260 ss., 285; contra V. Andrioli, Divieto del patto
commissorio, in Comm. cod.civ. a cura di A. Scialoja–G.
Branca, artt. 2740–2899, II ed., Bologna–Roma, 1955, pp. 51 ss., 57; C.M.
Pratis, Della
tutela dei diritti, t. 2, in Comm. c.c., Torino, 1976, pp. 89 ss., 110,
e P. De Martinis, Estensione del divieto del patto commissorio a fattispecie
procedimentali, nota a Cass., 4 novembre 1996, n. 9540, in Riv. notar.,
1998, pp. 1022 ss., 1025, per il caso in cui non sia previsto l’obbligo di
rendiconto in capo al creditore–mandatario).
e) Maggiormente controversa risulta invece l'ipotesi
della vendita del bene a scopo di garanzia operata da un terzo (garante di un
debito altrui). Si sono espresse nel senso della nullità di tale convenzione
per violazione del divieto del patto commissorio: Cass., 3 giugno 1983, n.
3800, cit. supra, e Cass., 16 agosto 1990, n. 8325, in Giur. it., 1991, I, 1, c.
1208. Al contrario, ha sostenuto che nel caso in esame si è al di fuori della ratio del
divieto del patto commissorio, in quanto non ricorrono le esigenze di tutela
dei debitori o della par condicio creditorum: Cass., 12
febbraio 1993, n. 1787, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 64, con nota
dissenziente di A. Morace Pinnelli, Trasferimento a scopo di garanzia da parte del terzo
e divieto del patto commissorio. La dottrina prevalente è comunque
orientata verso la nullità di tali fattispecie, in quanto anche in tali ipotesi
ricorrerebbero le ragioni giustificatrici del divieto del patto commissorio.
Esso, quale norma di risultato, sarebbe posto non solo a tutela del debitore –
si dice –, ma più in generale a tutela del soggetto esposto ad una
responsabilità patrimoniale e quindi (anche) del proprietario del bene oggetto
del trasferimento a scopo di garanzia (V. Lojacono, Il patto commissorio, cit.,
p. 40; V. Andrioli, Divieto del patto commissorio, cit., p.
54; tale orientamento è ribadito da ultimo da Cass., 29 agosto 1998, n. 8624,
in Foro
it., 1999, I, cc. 175 ss., con nota di Alb. Candian, Appunti
dubbiosi sulla "ratio" del divieto di patto commissorio;
ed in Guida
al dir., fasc. 38, 1998, pp. 70 ss., con nota adesiva di M.
Pagliai).
f) Ancora, è noto come la giurisprudenza –
appoggiata sul punto dalla dottrina –
non abbia mai dubitato della validità del c.d. patto marciano, cioè di
quella convenzione in base alla quale in caso di inadempimento il bene passa in
proprietà del creditore, ma previa stima da eseguirsi da un terzo al momento
dell’inadempimento e con l’eventuale obbligo, in capo al creditore, di
restituire al debitore l’eccedenza tra il valore del bene e l’importo del
credito. Tale giudizio positivo è dovuto – secondo i giudici – sia alla mancata
predeterminazione del prezzo dell’alienazione in funzione dell’importo del
credito, sia alla possibilità di controllarne l’equilibrio tra le prestazioni
mercé l’obbligo di restituzione del supero al debitore (Cass. Napoli, 9 gennaio
1904, in Foro
it., 1904, I, c. 342; Cass. Palermo, 12 febbraio 1910, in Giur. it.,
1910, I, c. 412; Cass., 27 novembre 1951, n. 2696, in Foro it., 1952, I, c. 11 con
nota adesiva di M. Elia; Cass., 21 luglio 1956, n. 2828, in Foro it.
Mass., 1956, 518; App. Trento, 18 febbraio 1975, in Giur. mer.,
1975, I, 424). Nello stesso senso si è pronunciata la dottrina (V. Lojacono, Il patto
commissorio, cit., p. 71 s.; C.M. Bianca, Il divieto, cit. p. 202 ss.;
M. Fragali, Del
mutuo, cit., p. 255 ss.; C. Varrone, Il trasferimento della proprietà a
scopo di garanzia, Napoli, 1968, p. 80; U. Carnevali, Patto
commissorio, cit., p. 505; V. Mariconda, Trasferimenti commissori e principio di
causalità, in Foro it., I, cc. 1428 ss., 1435; F.
Anelli, L’alienazione
in garanzia, Milano, 1996, p. 469; M. Bussani, Patto commissorio, proprietà e mercato.
Appunti per una ricerca, cit., pp. 113 ss., 125 ss.; G.F. Minniti, Patto
marciano e irragionevolezza del disporre in funzione di garanzia, in
Riv. dir.
comm., 1997, I, pp. 29 ss.). Secondo la puntuale ricostruzione del
Bianca (op.
ult. cit., p. 220) il fondamento della liceità del patto marciano
consiste nel fatto che, mentre nel patto commissorio l’equivalenza tra importo
del debito garantito e valore del bene è solo eventuale, nel patto marciano
essa assurge a contenuto tipico del contratto andando ad integrare un vero
diritto del debitore alla restituzione dell’eccedenza.
g) La disamina di fattispecie giurisprudenziali va infine
completata tenendo a mente la presenza, nel nostro ordinamento, di una serie di
ipotesi le quali, se valutate astrattamente, ben potrebbero ricadere
nell’ambito del divieto del patto commissorio, poiché realizzano il passaggio
della proprietà di beni o diritti al creditore in conseguenza
dell’inadempimento del debitore e presentano affinità funzionali e/o
strutturali con il patto commissorio vietato. Di fatto tali figure non sono
però colpite dalla nullità di cui all’art. 2744 c.c., per via della presenza
nel sistema di norme che ne riconoscono espressamente la liceità.
Il richiamo corre innanzitutto al pegno irregolare a
garanzia di un’anticipazione bancaria,
regolato dall’art. 1851 c.c., ove si stabilisce che la banca creditrice
debba restituire al debitore solo la somma, o quella parte di merci o titoli,
eccedenti l’ammontare dei crediti garantiti (si confrontino sul punto Cass., 20
ottobre 1994, n. 8571, in Corr. giur., 1995, p. 223; in Dir. Fall.,
1995, II, p. 233; per la dottrina sul pegno irregolare si rimanda, in generale,
a D. Vittoria, Pegno. II) Pegno irregolare, in Enc. giur., XXII, Roma,
1990). Nella stessa prospettiva vale la pena di menzionare le ipotesi di c.d.
"autotutela esecutiva" del creditore (G. Bongiorno, L'autotutela
esecutiva, Milano, 1984, pp. 128 ss., pp. 141 ss.), come quelle di
cui agli artt. 2803 e 2804 c.c. in materia di pegno di crediti, ove si prevede
la possibilità che il creditore garantito riscuota il credito pignorato alla
sua scadenza e trattenga la somma necessaria al soddisfacimento delle sue
ragioni, previa restituzione dell'eventuale residuo al debitore; o ancora
quella di cui agli artt. 2796 e 2797 c.c., in base alla quale le parti sono
libere di concordare "forme diverse" per la vendita della cosa mobile
pignorata (G. Gorla–P. Zanelli, Del pegno. Delle ipoteche, Artt. 2784–2899,
in Comm.
cod. civ. a cura di A. Sialoja–G. Branca, 4a ed., Bologna–Roma,
1992, pp. 133 ss.); ed infine, lungo il medesimo percorso, si può pensare agli
artt. 1500 ss. c.c. che autorizzano la vendita con patto di riscatto (per i
limiti entro i quali è possibile parlare di scopo di garanzia nella vendita con
patto di riscatto si veda C.M. Bianca, Il divieto, cit., pp. 306 ss.).
Se ci si interroga su quale sia l'elemento che
accomuna tali varie fattispecie e che è necessario e sufficiente per
consegnarle ad una valutazione di liceità da parte dell'ordinamento, si è
portati a concludere che il proprium di queste figure sia determinato
dall'assenza di un (o dalla facile controllabilità del) pericolo di
sproporzione tra le prestazioni a svantaggio del debitore (M. Bussani, Il problema
del patto commissorio, cit., p. 217; sul punto del combinarsi del
principio di universalità della responsabilità patrimoniale con quello di
proporzionalità o adeguatezza si veda E. Roppo, La responsabilità patrimoniale del
debitore, cit., pp. 383 ss.).
7. – La dottrina a lungo ed ampiamente si è
soffermata sulle alienazioni a scopo di garanzia, indagando in particolare i
profili relativi alla ratio e conseguentemente all'ambito
applicativo del divieto di cui all’art. 2744 c.c., il costante appiglio
normativo contro la liceità di questa categoria di garanzie atipiche.
La letteratura in materia di patto commissorio e
trasferimenti in garanzia è difatti sterminata. Le principali opere a carattere
monografico sono: C.M. Bianca, Il divieto del patto commissorio, Milano,
1957; F. Anelli, L’alienazione in garanzia, cit.; in prospettiva
comparatistica, M. Bussani, Il problema del patto commissorio, cit.;
A. Sassi, Garanzia
del credito e tipologie commissorie, Napoli, 1999. Si vedano poi V.
Lojacono, Il
patto commissorio nei contratti di garanzia, Milano, 1952; C.
Varrone, Il
trasferimento della proprietà a scopo di garanzia, Napoli, 1968; F.
Gigliotti, Patto
commissorio autonomo e libertà dei contraenti, Napoli, 1998. Tra le
opere a carattere più generale, che comunque si occupano anche del patto
commissorio, si vedano: V. Andrioli, Divieto del patto commissorio, in Comm.
cod.civ. a cura di A. Scialoja–G. Branca, artt. 2740–2899, II ed.,
Bologna–Roma, 1955, pp. 51 ss.; M. D’Amelio, Della responsabilità patrimoniale,
delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale:
disposizioni generali, in Comm. D’Amelio–Finzi, libro Della tutela
dei diritti, Firenze, 1943, pp. 450 ss.; M. Fragali, Del mutuo,
in Comm.
cod.civ. a cura di A. Scialoja–G. Branca, artt. 1813–1822, II ed.,
Bologna–Roma, 1966, pp. 231 ss.; D. Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto
da A. Cicu–F. Messineo, II ed., rist., Milano, 1971, pp. 1025 ss.; C.M. Bianca,
La
vendita e la permuta, in Tratt. dir. civ. it. diretto da F.
Vassalli, VII, t. I, Torino, 1972, pp. 608 ss.; C.M. Pratis, Della tutela
dei diritti, t. 2, in Comm. c.c., Torino, 1976, pp. 89 ss.; A.
Luminoso, La
vendita con riscatto, in Comm. cod. civ. diretto da P. Schlesinger,
Milano, 1987; L. Barbiera, Responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali,
Artt. 2740–2744, in Il Codice Civile. Commentario diretto da
P. Schlesinger, Milano, 1991, pp. 206 ss.; si vedano altresì: C.M. Bianca, Patto
commissorio, in Nss. D.I., XVI, 1965, pp. 711 ss.; U.
Carnevali, Patto
commissorio, cit., pp. 499 ss.; M. Di Paolo, Patto commissorio, in Dig. IV,
Disc. Priv., Sez. Civ., Torino, 1995, pp. 309 ss.; M. Iacuniello
Bruggi, Patto
commissorio, in Enc. giur., Roma, 1990; U. Morello, Negozio
giuridico. III) Negozio fiduciario, in Enc. giur., XX, Roma, 1990,
p. 7; Id., Negozio
giuridico. VI) Negozio in frode alla legge, in Enc. giur., XX, Roma, 1990,
p. 9; Id., Frode
alla legge, in Dig. IV, Disc. Priv., Sez. civ., VIII,
1992, pp. 501 ss.; G. Scalfi, Negozio giuridico. V) Negozio indiretto,
in Enc.
giur., XX, Roma, 1990, pp. 5–7. Tra i contributi apparsi sulle
riviste nel periodo precedente il revirement del 1983 si segnalano solo i
principali: C.M. Bianca, Forme tipiche di vendita e violazione del divieto del
patto commissorio nell'alienazione in garanzia ad effetto traslativo immediato,
in Foro
pad., 1961, I, c. 49; Id., Vendita con patto di riscatto e alienazione in
garanzia, in Foro pad., 1969, I, c. 1239; A. Biscardi, La "lex
commissoria" nel sistema delle garanzie reali, in Studi in
onore di E. Betti, II, Milano, 1962, p. 575; A. Butera, Patto
commissorio e mutuo semplice, in Foro it., 1943, I, c. 410; F. Carnelutti, Mutuo pignoratizio
e vendita con clausola di riscatto, in Riv. dir. proc., 1946, II,
p. 156; A. De Martini, Il concetto di negozio fiduciario e la vendita a
scopo di garanzia, in Giur. it., 1946, I, 3, c. 321; M. Ferrari,
Vendita a
scopo di garanzia e patto commissorio, in Giur. it., 1951, I, 1, c.
799; G. Ingrassia, La efficacia del divieto del patto commissorio,
in Nuovo
dir., 1949, p. 441; T. Mancini, Vendita con patto di riscatto e nullità ex art. 2744
codice civile, in Foro it., 1966, I, c. 1118; U. Miele, Sul patto
commissorio immobiliare, in Riv. dir. comm., 1946, II, p. 65; Id., Distinzione
fra negozio fiduciario e negozio simulato, in Giur. compl. cass. civ.,
1953, I, p. 265; E. Ondei, Vendite elusive del divieto del patto commissorio,
in Temi,
1970, p. 34; S. Pugliatti, Precisazioni in tema di vendita a scopo di garanzia,
in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1950, p. 298; G. Pugliese, Nullità del
patto commissorio e vendita con patto di riscatto, in Giur. compl.
cass. civ., 1945, I, p. 156; Id., Ancora sul divieto del patto
commissorio in relazione alla vendita con patto di riscatto, ivi,
1946, I, p. 87; Id., Nuovo orientamento giurisprudenziale in tema di patto
di riscatto, in Foro it., 1947, I, c. 813; Id., Particolari
profili della vendita a scopo di garanzia, in Foro it., 1951, I, c. 573;
Id., Intorno
alla validità della vendita a scopo di garanzia, in questa Rivista,
1955, p. 1064; E. Roppo, Note sopra il divieto del patto commissorio,
in Riv.
not., 1981, pp. 398 ss. Tra gli articoli dottrinali successivi al
1983: G. Amato, Ancora sul patto commissorio e sulla vendita a scopo di garanzia,
in Giust.
civ., 1984, I, p. 1899; M. Avancini, Patto commissorio e scelta tra
pagamento del debito e trasferimento del bene, in Contr.,
1998, 1, pp. 92 ss.; G. Azzariti, Principi innovativi sul patto commissorio,
in Giust.
civ., 1983, I, p. 2953; C.M. Bianca, Il divieto del patto commissorio: un
passo indietro della Cassazione, in questa Rivista, 1987, II, p. 117;
M. Bin, Singoli
contratti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, pp. 959
ss.; M. Bussani, Coesistenza di vendita e mutuo, in Nuova giur. civ. comm.,
1989, I, p. 285; P. Carbone, Nullità. Rilevabilità d'ufficio. Vendita. Patto di
riscatto. Divieto del patto commissorio, in Nuova giur. civ. comm.,
1989, I, p. 348; M. Costanza, Sulle alienazioni in garanzia e il divieto del patto
commissorio, in Giust. civ., 1989, I, p. 1824; M. G.
Cubeddu, Patto
commissorio e vendita con patto di riscatto: la risposta delle Sezioni Unite,
in questa Rivista,
1990, II, pp. 615 ss.; M. Danusso, Patto commissorio e vendita a scopo di garanzia,
in Giur.
it., 1984, I, 1, c. 1648; S. D'Ercole, Sull'alienazione in garanzia,
in Contr.
e impr., 1995, pp. 228 ss.; R. Genghini, Patto commissorio e procura a vendere,
cit., pp. 260 ss.; A. Luminoso, Alla ricerca degli arcani confini del patto
commissorio, in questa Rivista, 1990, I, pp. 219 ss.; V.
Mariconda, Trasferimenti
commissori e principio di causalità, in Foro it., 1989, I, c. 1428;
G. Oberto, Vendita
con patto di riscatto, divieto del patto commissorio e contratto di lease–back,
in Quadrim.,
1984, pp. 347 ss.; F. Relamonte, Le garanzie immobiliari, in Jus,
1986, p. 16; Id., Stipulazioni commissorie, vendita con patto di riscatto e distribuzione
dei rischi, in Foro it., 1989, I, c. 1440; M. Rosnati, Alienazioni
in garanzia e patto commissorio, in Giur. it., 1984, I, 1, c.
1698; E. Roppo, Patto di riscatto. Patto commissorio, in Nuova giur.
civ. comm., 1985, I, p. 97; G. Valcavi, Intorno al divieto del patto
commissorio, alla vendita simulata a scopo di garanzia ed al negozio fiduciario,
in Foro
it., 1990, I, c. 205.
Le soluzioni correnti nel dibattito dottrinale in
ordine alla nozione ed ai contenuti del patto commissorio possono essere
riassunte nel modo che segue.
La prima è ricavata dall'interpretazione ‘estesa’
della lettera dell'art. 2744 c.c. (a proposito della parzialmente diversa
formulazione del divieto nel codice civile del 1865, e dei problemi
interpretativi da essa scaturenti, sempre relativi all’opportunità di
un’interpretazione estensiva della norma in questione, si vedano: C.M. Bianca, Il divieto
cit., pp. 79 ss.; M. Bussani, Il problema del patto commissorio, cit.,
pp. 168 ss.). I contenuti del divieto sono quelli che abbiamo visto essere
fatti propri anche dalla giurisprudenza: sostanzialmente, è essenziale
l’esistenza di un’obbligazione, l’inadempimento della quale porterà al
passaggio definitivo della proprietà del bene; pertanto laddove si accerti che
l’obbligazione sia stata estinta al momento della vendita, l’art. 2744 c.c.
sarà inapplicabile (Cass., 8 gennaio 1972, n. 40, in Giur. it. Mass., 1972, 16;
M. Iacuniello Bruggi, Patto commissorio, cit., p. 2).
Più in particolare, in punto di individuazione della
natura giuridica del patto commissorio, autorevole dottrina (C.M. Bianca, Il divieto, cit.,
pp. 114 ss., 117, 300–303) insegna trattarsi precisamente di alienazione
condizionata, che assicura al creditore una soddisfazione secondaria del suo
diritto rimasto inadempiuto e pertanto svolge una funzione di garanzia, ben diversa
ed incompatibile con la funzione di scambio tipica della compravendita. Ed
infatti nei trasferimenti a scopo di garanzia – che la nostra giurisprudenza,
prima di accogliere la ricostruzione dell'A. qui citato, conosceva sotto la
dizione di compravendite a scopo di garanzia – mancherebbe il prezzo, elemento
essenziale per la configurabilità di una causa vendendi. Il prezzo, nel caso di
trasferimento con scopo di garanzia reale atipica, coinciderebbe con
l’ammontare dell'obbligazione garantita, e l'intento pratico realizzato dalle
parti, ossia il fine di garanzia, assumerebbe a tal punto autonomo rilievo da
sollevarsi dal piano dei semplici motivi per assurgere al rango di causa
dell'operazione; proprio per questo profilo di diversità causale tra le due
fattispecie, l’A. propone la più corretta dizione di “alienazione” in luogo di
quella di “compravendita” a scopo di garanzia; la presenza o l'assenza di un
termine di scadenza dell'obbligazione, non è ritenuta essenziale ai fini
dell'individuazione del patto commissorio vietato: Cass., 11 marzo 1954, n.
696, in Giust.
civ., 1954, p. 519 e Cass., 3 giugno 1983, n. 3800, cit., così è
stato ritenuto nullo anche il patto commissorio adietto ad un mutuo che non
prevede il termine per la restituzione della somma mutuata: C.M. Pratis, Della tutela
dei diritti, cit., p. 97; nella stessa prospettiva non è reputata
necessaria l’individuazione dell’ammontare della somma oggetto del mutuo,
essendo questo un aspetto che non incide sul profilo della sussistenza del
debito: per un esame più approfondito di tali aspetti si rimanda a M.
Iacuniello Bruggi, Patto commissorio, cit., pp. 1–2; sugli
elementi essenziali del patto commissorio si veda anche M. Avancini, Patto
commissorio e scelta tra pagamento del debito e trasferimento del bene,
cit., p. 92 s., in particolare, per i rapporti tra obbligazione alternativa,
obbligazione con facoltà alternativa e patto commissorio; secondo la dottrina,
poi, la prestazione oggetto del patto commissorio non va intesa solo come
trasferimento della “proprietà” del bene, ma anche come trasferimento della
titolarità di del diritto gravato dalla garanzia, sia esso usufrutto,
enfiteusi, diritto di superficie, e così via; si vedano V. Andrioli, Divieto del
patto commissorio, cit., p. 55; E. Roppo, Note sopra
il divieto del patto commissorio, cit., p. 399; M. Iacuniello
Bruggi, Patto
commissorio cit., p. 2; quanto alla posizione dottrinale in ordine
al trasferimento in garanzia del bene di un terzo si rimanda a quanto detto
sopra, sub
n. 6 e).
E' questa una teoria che – come già si è visto – ha
riscosso notevoli adesioni, anche giurisprudenziali, tanto da essere oggi
quella largamente prevalente.
Nondimeno, chiunque si accosti ai numerosi
contributi dottrinali in merito alla ratio del divieto del patto commissorio
non potrà mancare di notare come le diverse soluzioni proposte siano indice di
un dato tanto inconfutabile quanto pregnante di significato: quello della
mancanza, a tutt’oggi, dell’individuazione di una ratio certa della
proscrizione di cui all'art. 2744 c.c., di una ratio cioè che sia in grado
di imporsi univocamente a tutti gli interpreti (v. anche V. Mariconda, Trasferimenti
commissori e principio di causalità, cit., c. 1439; M. Bin, Singoli
contratti, cit., pp. 959 ss.).
La letteratura offre un vario ed ormai ampiamente
noto panorama di interpretazioni teleologiche della norma al centro del
dibattito. Se ne ricorderanno le principali.
L’opinione tradizionale – risalente al diritto
romano e mantenutasi costante nell'età del diritto comune (per questi profili e
per i riferimenti agli Autori di diritto comune si veda C.M. Bianca, Il divieto,
cit., p. 205, ntt. 28–31) – individua la ratio dell’art. 2744 c.c. nella necessità
di proteggere il debitore, parte debole del rapporto obbligatorio dalle
pressioni, anche morali, del creditore che aspira ad ottenere la proprietà del
bene, nonché dal pericolo di sproporzione – tra valore del bene ed importo del
credito – sproporzione che si ritiene insita presuntivamente nel patto
commissorio, talvolta sino al raggiungimento di connotazioni usurarie (V.
Lojacono, Il
patto commissorio cit., pp. 36 ss.; si veda anche la Relazione al
Re, n. 1127; D. Rubino, La compravendita, cit., p. 1027; A.
Luminoso, La
vendita con riscatto, cit., p. 240 s.; A.C. Pelosi, Lease–back,
divieto del patto commissorio ed elusione fiscale, in Riv. it.
leasing, 1989, pp. 485 s.).
A questa ricostruzione del fondamento della norma
sono state mosse critiche da parte di quegli Autori (come il C.M. Bianca, Il divieto,
cit., pp. 204 ss., 208 ss.; V. Andrioli, Divieto del patto commissorio, cit., p.
53; C. Varrone, Il trasferimento cit., pp. 51 ss.) i quali obiettano che la
sanzione di nullità appare un rimedio eccessivo per essere dettata solo
dall’esigenza di proteggere il debitore da una convenzione che – si sottolinea
– solo talvolta, ma non necessariamente ogni volta, può presentarsi
svantaggiosa per quest'ultimo. A tal fine infatti si osserva il nostro ordinamento
conosce i rimedi meno gravi dell’azione di annullamento (artt. 1441 ss. c.c.) o
dell’azione di rescissione (artt. 1447
ss. c.c.).
Un’altra teoria risalente al periodo di vigenza del
codice abrogato scorge la base del divieto del patto commissorio in un generale
principio di inderogabilità delle procedure giudiziali da parte dell’autonomia
privata, principio che vieterebbe l’autotutela esecutiva nel nostro ordinamento
(è la tesi di E. Betti, Sugli oneri e i limiti dell’autonomia privata in tema
di garanzia e modificazione di obbligazioni, in Riv. dir. comm., 1931, II,
pp. 689 ss., 699 s.; si vedano anche U. Miele, Sul patto commissorio immobiliare,
cit., pp. 69 ss.; Id., Distinzione fra negozio fiduciario e negozio simulato,
cit., p. 267; M. Fragali, Del mutuo, cit., p. 254).
A tale ricostruzione è stato facilmente eccepito che
il sistema non sancisce espressamente alcun principio di inderogabilità delle
procedure esecutive ("l'esistenza di un siffatto principio generale non è
stata dimostrata in modo convincente": U. Carnevali, Patto commissorio, cit., p.
501). La dottrina non ha difficoltà ad ammettere che il sistema conosce una
sorta di ostilità "a tutte quelle forme di autotutela diverse dai tipi
legalmente autorizzati e, in particolare, all'assoggettamento convenzionale del
debitore al potere del creditore di conseguire direttamente con la propria
azione il bene dovuto, senza ricorrere agli organi giurisdizionali, come
avviene per il patto commissorio, vietato appunto per evitare che il creditore
possa soddisfarsi d'autorità, commettendo abusi o speculando in danno di un altro
soggetto, sia pure consenziente" (G. Bongiorno, L’autotutela esecutiva,
Milano, 1984, p. 98). Tuttavia, la stessa dottrina, non solo ha riconosciuto
che "l'autotutela esecutiva consensuale è ufficialmente ammessa dal
nostro ordinamento soltanto nelle forme della compensazione volontaria, della
cessione dei beni e dell'anticresi" (ivi), ma ha anche ammesso la possibilità
di un'interpretazione estensiva delle (eccezionali) ipotesi in cui
all'interessato è consentito provvedere direttamente alla propria difesa
privata, in virtù delle esigenze connesse alla progressiva evoluzione dei
rapporti sociali e commerciali, come avviene per i finanziamenti concessi dagli
istituti di credito, per i quali è necessario apprestare mezzi che assicurino
al creditore la realizzazione delle proprie pretese per via di autotutela
consensuale (G. Bongiorno, op. cit., p. 98 s.).
Il riferimento che ricorre maggiormente nella
dottrina che critica una lettura della ratio del divieto centrata
sull'inderogabilità delle procedure esecutive (C.M. Bianca, Il divieto cit.,
pp. 187 ss.; C. Varrone, Il trasferimento cit., pp. 57 ss.) va
proprio agli artt. 1977 ss. c.c., ove è disciplinato il contratto di cessione
dei beni ai creditori, mediante il quale il debitore può conferire mandato irrevocabile
ai creditori per la liquidazione di tutte o alcune delle sue attività, in modo
che essi possano trarre dal ricavato la soddisfazione delle proprie ragioni,
evitando così il ricorso agli organi dell’esecuzione (in merito alla cessione dei beni ai creditori si vedano, in
generale: R. Miccio, Cessione dei beni ai creditori, in Enc. dir.,
VI, Milano, 1960, pp. 384 ss.; S. Sotgia, La cessione dei beni ai creditori, Torino,
1957; Id., Cessione
dei beni ai creditori, in Nss.D.I., III, Torino, 1965, pp. 141 ss.;
F. Vassalli, La cessione dei beni ai creditori, in Tratt. dir. priv. diretto da
P. Rescigno, XIII, Torino, 1985, pp. 397 ss.; G. Iudica, Cessione dei beni ai creditori,
in Dig.
IV, Disc. priv., Sez. civ., II, Torino, 1988, pp. 279 ss.).
Una tesi più recente – largamente condivisa
soprattutto sotto il nuovo codice – ritiene che il divieto in parola poggi
sulla necessità di protezione delle ragioni degli altri creditori sul
patrimonio del debitore, patrimonio che costituisce la loro garanzia comune ex
art. 2740 c.c.: il creditore garantito dal patto commissorio sarebbe titolare
di una inammissibile prelazione atipica (si vedano F. Carnelutti, Mutuo
pignoratizio e vendita con clausola di riscatto, cit., p. 159; F.
Talassano, Divieto
di patto commissorio, in Giur. compl. cass. civ., 1947, III, p.
368; G. Stolfi, Promessa di vendita e patto commissorio, in Foro pad.,
1957, I, c. 767; V. Andrioli, Divieto del patto commissorio, cit., p.
53; T. Mancini, Vendita con patto di riscatto e nullità ex art. 2744 codice civile,
cit., c. 1118; L. Barbiera, Garanzia del credito e autonomia privata,
Napoli, 1971, pp. 259 ss., 263; Id., Responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali.
Art. 2740–2744, cit., p. 214).
Anche tale lettura della norma non ha mancato di rivelare
incongruenze, dal momento che non si capisce perché la sanzione di cui all’art.
2744 c.c. sia quella della nullità, se poi l’ordinamento prevede, quale rimedio
generale per gli atti del debitore pregiudizievoli alle ragioni dei creditori,
quello dell’inefficacia relativa di tali atti a seguito dell'accoglimento
dell’azione revocatoria di cui all'art.
2901 c.c. (C.M. Bianca, Il divieto cit., pp. 214 ss.; C. Varrone, Il
trasferimento cit., pp. 55 s.).
Non sono poi mancate soluzioni miste, tra le quali merita
di essere ricordata quella che legge la
ratio dell’art.
2744 c.c. congiuntamente nella tutela del debitore contro le pressioni del
creditore e nella salvaguardia del principio della par condicio creditorum (S.
Pugliatti, Precisazioni
in tema di vendita a scopo di garanzia, cit., p. 316; G. Pugliese, Intorno alla
validità della vendita a scopo di garanzia, cit., p. 1066; C.M.
Pratis, Della
tutela dei diritti cit., p. 93; E. Caputo, Vendita a scopo di garanzia e patto
commissorio, in Giust. civ., 1979, I, p. 886).
Pure tali letture si sono rivelate inadeguate perché
non riescono comunque a spiegare la diversità della sanzione di nullità
rispetto alle sanzioni (rescissione; inefficacia relativa) che il sistema
appresta per la tutela degli interessi di tali soggetti (in questo senso C.M.
Bianca, Il
divieto cit., p. 215 s.). Si noti che – come si è potuto vedere
sopra, sub
n. 6 b) – è proprio quella criticata la ratio richiamata dalle più
numerose e recenti decisioni del S.C.: Cass., 11 gennaio 1988, n. 46, supra cit.;
Cass., S.U. 3 aprile 1989, n. 1611, in Corr. giur., 1989, p. 522; Cass., 12
febbraio 1993, n. 1787, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 64; Cass., 27
settembre 1994, n. 7878, in Contr., 1995, p. 271.
Il Bianca per primo (Il divieto, cit., pp. 216 ss.,
218) ha proposto, quale soluzione al problema dell'individuazione della ratio del
divieto del patto commissorio, di elevare gli interessi particolari (del
debitore e quelli degli altri suoi creditori) al livello di un piano generale,
l'unico – secondo l'opinione dell'A. – che possa giustificare la scelta del
legislatore in ordine alla validità del patto commissorio. L'interesse generale
presidiato dall'art. 2744 c.c. sarebbe pertanto ravvisabile nell’opportunità di
evitare il diffondersi di un patto potenzialmente usurario e quindi socialmente
pericoloso, che se fosse lecito si presterebbe a divenire clausola di stile e a
sostituire le tradizionali tecniche di garanzia reale. In questa prospettiva la
ratio della
nullità consisterebbe proprio nell'apprestare un rimedio preventivo – più efficace rispetto a quello successivo e
capillare che si effettua a livello giudiziale – contro il pericolo del diffondersi di un pregiudizio sociale
(paiono aderire a tale impostazione del problema: E. Roppo, Note sopra il
divieto del patto commissorio, cit., p. 401 s.; R. De Nictolis, Nuove
garanzie personali e reali cit., p. 466, la quale – sulla scorta di
suggestioni tratte dal contributo di M. Bussani, Patto commissorio, proprietà e mercato
(Appunti per una ricerca), cit., p. 127 – ravvisa il pericolo
sociale del patto commissorio nella possibilità di diffusione di una forma di
garanzia caratterizzata dal rischio di sproporzione tra l’importo del credito e
la misura della responsabilità patrimoniale cui si assoggetta il debitore).
Il Luminoso (La vendita con riscatto cit., pp. 242 ss.)
a sua volta ha tentato di superare tali letture proponendo un’analisi dell’art.
2744 c.c. che tenesse conto dell’intero complesso del sistema positivo. I
limiti all’applicabilità dell’articolo in esame sarebbero infatti dati
dall’esistenza nel nostro ordinamento di altre norme – quali l’art. 1851 c.c.
in tema di pegno irregolare o l’art. 1197 c.c. relativo alla datio in
solutum – che prevedono istituti del tutto leciti. La lettura
combinata di tali disposizioni con l’art. 2744 c.c. sarebbe idonea a fornirne
la ratio.
Questa riposerebbe sulla necessità di tutelare il debitore contro il rischio di
un duplice pericolo: da un lato, quello oggettivo della sproporzione della
perdita economica rispetto all’ammontare del debito; dall’altro, quello
soggettivo o psicologico, che il debitore sia indotto alla conclusione del
patto svantaggioso nella vana speranza di poter facilmente adempiere
all'obbligazione ed evitare in tal modo la perdita del bene (nello stesso
senso: A.C. Pelosi, Sale and lease–back e alienazioni a scopo di garanzia,
in Riv.
it. leasing, 1988, pp. 445 ss., 447 s.; anche F. Realmonte, Le garanzie
immobiliari, cit., pp. 16 ss.; Id., Stipulazioni commissorie, vendita con
patto di riscatto e distribuzione dei rischi, cit., c. 1440, scorge
nel patto commissorio le insidie di un duplice rischio: si tratterebbe qui del
pericolo della sproporzione, cui si assommerebbe quello del perimento medio
tempore del bene del debitore).
Una ulteriore sebbene isolata rivisitazione della
questione propone una lettura restrittiva dell'art. 2744 c.c. Esso non
conterrebbe un significato maggiore o diverso da quello conferitogli dalla
lettera della legge: unico intento del legislatore sarebbe quello di punire
esclusivamente quel trasferimento commissorio che si sommi alla costituzione di
una garanzia reale tipica oppure ad un’anticresi, conferendo al creditore
privilegiato una tutela “esuberante” del suo diritto (M. Iacuniello Bruggi, Patto
commissorio cit., p. 6; tale tesi era stata sostenuta anche in
passato: A. Butera, Patto commissorio e mutuo semplice, cit.,
c. 410; G. Ingrassia, La efficacia del divieto del patto commissorio,
cit., p. 441; C. Varrone, Il trasferimento cit., pp. 74 ss., 83
ss.). Di qui seguirebbe, sostanzialmente, la validità di tutte quelle
alienazioni a scopo di garanzia che si presentano sotto la veste del c.d. patto
commissorio autonomo. Come si è potuto vedere, non è però questa l'opinione
oggi dominante a livello giurisprudenziale o dottrinale.
8. – Insoddisfatta dell’orientamento da ultimo
prevalente nella giurisprudenza, che mortifica l’esplicazione dell’autonomia
privata in un settore – quello del credito reale – nel quale è oggi vitale per
gli operatori la possibilità di disporre di strumenti agili ed efficaci di
garanzia, parte della dottrina si è recentemente dedicata alla rivisitazione
del problema delle alienazioni a scopo di garanzia, proponendo un'impostazione
che – discostandosi fortemente dalle teorie tradizionali sopra considerate – si
rivela capace di contemperare i diversi interessi in gioco, ossia, lo
ripetiamo, (la promozione del)la tutela del credito e la libertà della
circolazione dei beni (si veda M. Bussani, Patto commissorio, proprietà e mercato,
cit., pp. 119 ss.; Id., Il problema del patto commissorio, cit.,
pp. 210 ss.; nella stessa prospettiva, centrando il problema della verifica
della ratio
del divieto in originali termini di analisi economica del diritto e
dimostrando come la ratio tradizionalmente invocata dagli
interpreti poggerebbe su massime di esperienza formatesi in un contesto non più
attuale: Alb. Candian, Appunti dubbiosi sulla "ratio" del divieto
di patto commissorio, in Foro it., 1999, I, cc. 175 ss.; Ead., Le garanzie
mobiliari, cit., pp. 30 ss.).
Il ragionamento di tale
teoria muove dalla considerazione di un quadro di riferimento ben più ampio di
quello tradizionalmente vagliato dagli interpreti e costituito da tutta quella
serie di figure alle quali si è già accennato sopra sub n. 6 f) e g). Si è
infatti potuto vedere come il sistema nel suo complesso preveda fattispecie
valide, incardinate su trasferimenti di proprietà a scopo di garanzia, le quali
presentano come tratto comune l'agevole possibilità di controllo dell'eventuale
sproporzione tra il valore del bene trasferito e l'importo del credito
garantito (si sono visti i casi del pegno irregolare in materia di
anticipazione bancaria, del patto marciano, cui potrebbe aggiungersi la figura,
ben nota alla prassi e ammessa dagli interpreti, del riporto a scopo di
garanzia).
La necessità e la
sufficienza di un simile controllo di proporzionalità al fine di recuperare al
terreno della liceità le alienazioni a scopo di garanzia – seguendo un modello
di convenzione lecita che, sul piano operativo, ben potrebbe essere quello
fornito dal patto marciano – parrebbe inoltre essere supportata da ulteriori
indici normativi afferenti al settore della responsabilità patrimoniale: l'art.
496 c.p.c. in materia di disposizioni generali sull'espropriazione forzata, che
prevede la possibilità della riduzione del pignoramento per il caso in cui il
valore dei beni pignorati sia superiore all'importo delle spese e dei crediti;
gli artt. 2872 ss. c.c. relativi alle modalità di riduzione delle ipoteche;
l'art. 2910 c.c. che stabilisce che il creditore può far espropriare i beni del
debitore solo "per conseguire quanto gli è dovuto", e ancora l'art.
2901 c.c., il quale prevede che ai fini dell'accoglimento dell'azione
revocatoria sia necessario l'elemento del danno nei confronti dei creditori (E.
Roppo, La
responsabilità patrimoniale del debitore, cit., p. 385).
Disposizioni, tutte queste, dalle quali si può desumere la presenza di un
principio generale di adeguatezza nell'assoggettamento del patrimonio del
debitore alla sua funzione di garanzia: principio sufficiente come tale a
costituire un limite generale all'operatività del divieto del patto commissorio
(si veda anche U. Carnevali, Patto commissorio, cit., p. 501 e,
soprattutto, U. Morello, Frode alla legge, cit., p. 514; M.
Bussani, Patto
commissorio, proprietà e mercato, cit., pp. 121–122; Id., Il problema
del patto commissorio, cit., pp. 215–216).
Un ulteriore dato merita a
questo punto di essere richiamato. A lungo è stata trascurata dagli interpreti
– dimentichi del fatto che le alienazioni in garanzia sono attuate ricorrendo a
schemi contrattuali – la possibilità e l'utilità del ricorso, anche nel settore
della responsabilità patrimoniale, al diritto generale delle obbligazioni e dei
contratti. Infatti, in relazione al controllo di adeguatezza della
responsabilità patrimoniale del debitore ed al correlativo obbligo di
restituzione del supero da parte del creditore, non si vede come possa
disconoscersi che un tale risultato sul piano operativo possa essere raggiunto
anche solo ricorrendo all'obbligo generale di comportarsi secondo buona fede
nell'esecuzione del contratto (artt. 1175, 1375 c.c.; art. 1358 c.c. per il
negozio condizionato, qualora si aderisca alla ricostruzione in tal senso della
natura giuridica delle alienazioni in garanzia) ovvero dal principio secondo
cui nemo
locupletari potest cum aliena iactura (M. Bussani, Il problema
del patto commissorio, cit., p. 217).
Importanti indici della
bontà di tale direzione interpretativa provengono senz'altro dalla considerazione
di quanto è avvenuto negli ordinamenti transalpini.
Nel sistema tedesco, ad
esempio, i §§ 242 (obbligo di comportarsi secondo buona fede nell'esecuzione
della prestazione) e 138 (nullità del negozio contrario ai buoni costumi e
usurario) BGB sono stati utilizzati ampiamente dalla prassi per controllare che
lo sviluppo degli istituti della Sicherungsübereignung e della
Sicherungsabtretung seguisse la via di un contemperamento dei
principi generali dell'ordinamento con le esigenze del mercato. In particolare
è significativo che il § 1229 BGB, che sancisce il divieto del patto
commissorio mobiliare, sia unanimemente ritenuto inapplicabile ai trasferimenti
in garanzia, al controllo dei quali è invece deputato il § 138, collocato nella
parte generale del diritto delle obbligazioni del BGB.
Il caso delle alienazioni a
scopo di garanzia in diritto tedesco è pertanto uno degli esempi più
significativi di come un sistema giuridico a noi culturalmente vicino sia
riuscito a rompere con la tradizionale quanto inefficiente separatezza dei due
settori del diritto delle obbligazioni e del diritto della responsabilità
patrimoniale, in nome di una risoluzione più elastica e moderna dei conflitti
tra creditori e debitore (per questi aspetti si rimanda a R. Serick, Eigentumsvorbehalt
und Sicherungsübertragung, cit., III, § 38 IV, 3e, p. 488; M.
Bussani, Il
problema del patto commissorio, cit., pp. 149 ss.; si veda anche P.
Kindler, Il
ricorso dei giudici alle clausole generali in Germania, in Contr. e
impr./Europa, 2, 1998, pp. 662 ss.).
Sulla stessa linea si
colloca anche il diritto francese. La dottrina comparatistica ha posto in luce
una marcata dissociazione tra i formanti del sistema francese: le norme che in
Francia recepiscono il divieto del patto commissorio (artt. 2078 e 2088 Code
civ.; 93 Code com.; 742 Code proc. civ. ancien), se da un lato vengono
fedelmente conservate dagli interpreti – togati e non – sul piano delle
verbalizzazioni come regole inderogabili di ordine pubblico, dall'altro vengono
utilizzate, a livello operazionale, non tanto come norme cardine del sistema
della responsabilità patrimoniale, quanto come norme che appartengono al
diritto delle obbligazioni e che ne esprimono un principio generale di esigenza
di controllo di proporzionalità tra le prestazioni. Mercé tali regole si
governano fisiologie e patologie del rapporto creditore–debitore, dalla natura
delle pretese reciproche alla valutazione del comportamento del creditore, fino
alla disciplina degli obblighi restitutorii (è il risultato dell'indagine –
ricca di riferimenti ai quali si rinvia – di M. Bussani, Il problema del patto commissorio,
cit., pp. 101 ss., 120 s.; in riferimento alla tradizionale obiezione mossa
dagli interpreti italiani contro l'ammissibilità della proprietà con funzione
di garanzia, sono state mosse alcune critiche degne di nota, secondo le quali
la proprietà con funzione di garanzia non creerebbe un nuovo diritto reale
atipico, tale da cozzare irrimediabilmente contro la barriera del numerus
clausus: essa resterebbe anzi sempre uguale a se stessa; in questo
senso si è detto – sottolineando come le regole in materia di responsabilità
patrimoniale e garanzie reali del credito dovrebbero mirare a favorire, e non a
mortificare, l'accesso al credito da parte del proprietario: A. Chianale, Ipoteca,
in Dig.
IV, cit., p. 158 ss. – che "la proprietà è, nei limiti posti
dall'ordinamento, una ricchezza che circola liberamente, e così come circola
quando taluno vende per ragioni professionali o commerciali, essa circola quando
taluno vende semplicemente per avere denaro": A. Gambaro, La proprietà,
cit., p. 67 s.; sulla stessa direttrice, M. Bussani, Patto commissorio, proprietà e mercato,
cit. p. 123).
9. – Un dato ulteriore,
segnalante un'aporia del dibattito intorno alle alienazioni a scopo di
garanzia, va ora evidenziato. Dottori e giudici italiani sono ormai in una
larghissima maggioranza schierati a favore della liceità della cessione del
credito a fini di sicurezza di rapporti obbligatorii (per la giurisprudenza in
materia di validità della cessione a scopo di garanzia si segnalano: App. Roma,
10 luglio 1958, in Giur. it., 1959, I, 2, c. 22; Cass., 15
giugno 1964, n. 1518, in Temi Napoletana, 1964, p. 495; Cass., 5
luglio 1973, n. 1875, in Giust. civ., 1973, I, p. 1975; Cass., 20
novembre 1975, n. 3887, in Giur. it., 1977, I, 1, c. 126; Cass., 2
agosto 1977, n. 3412, in Mass. Foro it., 1977).
Di cosa si discuta è presto
detto. Per ovviare alla rigidità della garanzia tipica sul credito (pegno di
crediti, art. 2800 c.c., vedi retro, sub n. 3), gli operatori del mondo
economico, e tra questi in particolare le banche, hanno preferito servirsi dei
mezzi offerti dal diritto delle obbligazioni e dei contratti, facendo largo
ricorso allo strumento del trasferimento dei crediti (cessione) a scopo di
garanzia. Così, all'atto di erogazione di un finanziamento, o anche
successivamente, in corso di rapporto, le banche usano chiedere, a maggior
garanzia delle proprie ragioni, la cessione dei crediti che il debitore –
generalmente un'impresa – vanta verso terzi, e che solitamente derivano essi
stessi da rapporti di impresa ai quali il finanziamento si riferisce (la
cessione dei crediti a scopo di garanzia è riconosciuta anche da talune fonti
legislative: l'art. 18 lett b) della legge del 25 luglio 1952, n. 949 recante
provvedimenti per lo sviluppo dell'economia e l'incremento dell'occupazione;
l'art. 1 co. 2 della legge 14 luglio 1993, n. 260, di ratifica ed esecuzione
della convenzione Unidroit sul factoring internazionale, Ottawa, 28 maggio
1988; a tale forma di garanzia atipica si è inoltre fatto ampio ricorso nel
settore del finanziamento a produttori cinematografici: si veda in proposito C.
Varrone, Il
trasferimento, cit., p. 141; sul "bene" credito come
oggetto di scambio si rinvia a P. Schlesinger, Il "primato" del credito,
in questa Rivista,
1990, I, pp. 825 ss.).
E' noto come, sotto il
profilo causale, si sia parlato della cessione come schema giuridico
incompleto, o figura a causa variabile: in essa sarebbe dato ravvisare una causa
generica (il trasferimento del diritto) ed una causa specifica (adempimento,
dazione in pagamento, garanzia), determinata dall'accordo in concreto delle
parti (così V. Panuccio, Cessione dei crediti, in Enc. dir.,
IV, Milano, 1960, p. 850; T. Mancini, La cessione dei crediti, in Tratt. dir.
priv. diretto da P. Rescigno, Torino, 1986, 9, I, p. 381; P.
Perlingieri, Della cessione del credito, in Comm. cod. civ. a cura di A.
Scialoja–G. Branca, Bologna–Roma, 1982, pp. 11 ss.; Id., Le cessioni dei crediti ordinari e
d'impresa, Napoli, 1993; Id., Cessione dei crediti, in Enc. giur.,
VI, Roma, 1988, p. 4 s.; C. Licini, Le tecniche moderne di garanzia nella prassi notarile,
cit., p. 1053; P. Staffini, La cessione del credito: profili civilistici e
fiscali, in Commiss. trib. Centrale, 1998, II, pp.
1381 ss.; U. La Porta, La causa del trasferimento del credito, gli effetti
preliminari e la disposizione del diritto futuro, nota a Trib. Bari,
27 luglio 1996, in Banca, borsa, titoli credito, 1998, II,
pp. 708 ss.; l'affermazione che la cessione del credito sia un negozio a causa
variabile è poi ricorrente anche in giurisprudenza: si veda, ad esempio, App.
Milano, 31 ottobre 1989, in Giust. civ., 1990, I, p. 463; più in
generale, quanto all'idoneità della causa di garanzia a produrre un
trasferimento di proprietà, non si scorgono contrasti vibranti nel panorama
dottrinario italiano: esiste un principio di tipicità delle situazioni reali
riconosciute dal sistema, ma non un principio di tipicità dei contratti
traslativi delle stesse (in tal senso già G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio
giuridico, cit., pp. 242 ss.; le argomentazioni della dottrina ed i
relativi riferimenti sono riportati in A. Sassi, Garanzia del credito e tipologie
commissorie, cit., pp. 129 ss.); pertanto – una volta sottoposto il
contratto di alienazione in garanzia al controllo di liceità in base al
principio di buona fede e di divieto di illecito arricchimento, ferma restando
l'esperibilità dell'azione revocatoria da parte degli altri creditori del
debitore alienante – non si vede quali possano essere gli interessi rilevanti
violati dall'operazione in questione; che questi ultimi non possano essere
quelli tutelati dal divieto del patto commissorio, è dimostrato, a tacer
d'altro, da (gli argomenti che supportano) le soluzioni operative adottate nei
sistemi francese e tedesco: le si vedano in M. Bussani, Il problema del patto commissorio,
cit., pp. 81 ss.; 125 ss.).
In particolare, la cessione
dei crediti a scopo di garanzia si differenzia dagli altri schemi di cessione
dei crediti (pro solvendo, pro soluto) per il fatto di non avere
funzione solutoria: la traslazione del credito ha lo scopo giuridico di
assicurare al cessionario il soddisfacimento delle proprie ragioni nei
confronti del cedente, nel caso in cui quest'ultimo non adempia l'obbligazione
garantita. Come la dottrina ha sottolineato, la giurisprudenza si è limitata ad
affermare che il trasferimento del diritto ai sensi dell'art. 1376 c.c.
costituisce senz'altro uno strumento idoneo, ancorché atipico, ad attuare una
funzione di garanzia, nei limiti del controllo di meritevolezza degli interessi
di cui all'art. 1322 co. 2 c.c., ma non è andata molto oltre nel delineare i
tratti della figura in esame (in merito alle carenze giurisprudenziali
nell'approfondimento di tali aspetti si veda da ultimo U. La Porta, La causa del
trasferimento del credito, gli effetti preliminari e la disposizione del
diritto futuro, cit., pp. 717 ss.).
Sotto il profilo
strutturale, la cessione a scopo di garanzia è stata oggetto dell'elaborazione
(quasi esclusivamente) dottrinale come figura intermedia tra il pegno di
crediti e la cessione pro solvendo (per queste distinzioni, che
esulano dalla presente indagine, si vedano: A.A. Dolmetta–G.B. Portale, Cessione del
credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, in Banca,
borsa, titoli credito, 1, 1999, pp. 76 ss., 100 ss.; Iid., Cessione del
credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, ivi,
1985, pp. 258 ss.; Iid., Profili della cessione dei crediti in garanzia,
in Maccarone e Nigro (curr.) Operazioni bancarie e procedure concorsuali,
Milano, 1988, pp. 255 ss.; G. Grippo, Garanzie atipiche e fallimento, in Contr. e
impr., 1986, pp. 377 ss.; B. Inzitari, La cessione del credito a scopo di garanzia:
inefficacia ed inopponibilità ai creditori dell'incasso del cessionario nel
fallimento, nel concordato e nell'amministrazione controllata, in Banca,
borsa, titoli credito, 1997, I, pp. 153 ss.; D. Pastore, Riflessioni
a proposito di struttura e causa della cessione di credito, in Riv. dir.
comm., 1998, I, pp. 59 ss.; sul punto dell'effetto traslativo
immediato della cessione si vedano: Cass., 17 marzo 1995, n. 3099, in Giur. it.
Mass., 1995; Cass., 30 agosto 1995, n. 9195, in ivi, 1995; Cass., 25 luglio
1997, n. 6969, in Giust. civ. Mass., 1997; Cass., 16 aprile 1999, n. 3797, in Giur. it.
Mass., 1999; per la giurisprudenza sulla cessione di credito futuro:
Cass., 11 maggio 1990, n. 4040, in Foro it., 1991, I, c. 2490, con nota di R.
Simone, Cessione
in garanzia dei crediti futuri; Cass., 17 marzo 1995, n. 3099, cit.;
App. Milano, 2 febbraio 1996, in Dir. fall., 1996, II, p. 1091, con nota di
A. D'Attilio, Su alcune questioni vecchie e nuove in tema di cessione del credito;
Trib. Bari 27 luglio 1996 e 6 novembre 1996, in Banca, borsa, titoli credito,
1998, II, pp. 701 ss., con nota di U. La Porta; Cass., 15 luglio 1997, n. 6969,
cit.; per
la definizione della cessione a scopo di garanzia come negozio risolutivamente
condizionato si veda App. Milano, 31 ottobre 1989, cit.; in senso conforme si
veda in dottrina U. La Porta, La causa del trasferimento del credito, gli effetti
preliminari e la disposizione del diritto futuro, cit., p. 721).
Quanto al profilo che qui
più da vicino interessa, e cioè quello della compatibilità di tale figura di
garanzia con i principi del nostro ordinamento, occorre segnalare che, in
effetti, alcuni Autori si sono in passato espressi per l'illiceità della
cessione dei crediti a scopo di garanzia, sotto il profilo della funzione,
poiché la causa di garanzia non è stata ritenuta idonea a giustificare il
trasferimento della titolarità di un diritto; e, sotto il profilo della
struttura, poiché si è detto che essa realizzerebbe un'ipotesi analoga a quella
del patto commissorio vietato, in contrasto con l'art. 2744 c.c. (V. Panuccio, Cessione dei
crediti, cit., pp. 846 ss., 849; C.M. Bianca, Il divieto, cit., p. 157
ss.; F. Battistoni Ferrara, Cessione di credito "a garanzia" e
fallimento del cedente, in Foro it., 1961, I, cc. 1451 ss.; M.
Spinelli, Le
cessioni liquidative, Napoli, 1962, pp. 272 ss.)
La dottrina (maggioritaria)
non ha avuto difficoltà a rintuzzare tali argomenti. Si è infatti osservato
che, quanto all'aspetto dell'idoneità della causa di garanzia, se si considera
la cessione come una figura a causa variabile o incompleta, data cioè dal
trasferimento del credito più qualcos'altro, non si vede perché gli accordi
integrativi della fattispecie ‘standard’ non possano essere finalizzati alla
garanzia di un'obbligazione, visto che anche pattuizioni atipiche possono
rientrare nello schema della cessione, naturalmente tenendo ben fermo il limite
del controllo di meritevolezza degli interessi perseguiti ex art. 1322 co. 2 c.c. (P.
Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., pp. 37 ss.; M. Viale, Le garanzie
bancarie, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. ec.,
diretto da F. Galgano, XVIII, Padova, 1994, pp. 109 ss., 113 ss.; G. Bavetta, La cessione
del credito a scopo di garanzia, in Dir. fall., 1995, I, pp. 588
ss., 591 ss.; A.A. Dolmetta–G.B. Portale, Cessione del
credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, cit., pp.
104 ss.; Iid., Profili della cessione dei crediti in garanzia, cit., pp.
259 ss.; G. Panzarini, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito,
Milano, 1984; A. Piraino Leto, Cessione di credito a fine di garanzia, in
Nuovo
dir., 1977, pp. 529 ss.).
In relazione, poi, alla
struttura della cessione a scopo di garanzia, la letteratura prevalente ne ha
sottolineato la diversità rispetto a quella del patto codificato nell'art. 2744
c.c. I sostenitori dell'ammissibilità della cessione dei crediti a scopo di
garanzia offrono una lettura restrittiva del divieto del patto commissorio
(opposta quindi a quella largamente diffusa tra gli interpreti in materia di
alienazioni in garanzia). La cessione dei crediti sarebbe un trasferimento
immediato risolutivamente condizionato, tale da sfuggire al raggio di
applicazione dell'art. 2744 c.c., che prevede espressamente la nullità del solo
patto sospensivamente condizionato all'inadempimento dell'obbligazione. In tale
direttrice si richiama inoltre l'art. 2803 c.c., in tema di pegno di crediti,
ritenuto senz'altro applicabile alla cessione di crediti a scopo di garanzia.
Come si è già visto, tale norma prevede che, se il credito garantito è scaduto,
il creditore pignoratizio possa ritenere quanto basta del denaro ricevuto per
soddisfare il suo diritto, restituendo il residuo al costituente la garanzia.
E' evidente che l'operatività di tale principio in favore del creditore
cessionario abbia l'effetto di paralizzare l'applicazione dell'art. 2744 c.c.
per il settore della cessione dei crediti, e di produrre un risultato affine a
quello previsto dal patto marciano, ossia la presenza di un meccanismo di
controllo della misura dell'assoggettamento del debitore alla responsabilità
patrimoniale (P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., pp. 41 s.; M.
Viale, Le
garanzie bancarie, cit., p. 116; B. Inzitari, op. cit., pp. 168 ss.; F.
Anelli, L'alienazione
in finzione di garanzia, cit., passim).
10. – La prassi ha posto il
problema del confronto con il divieto del patto commissorio anche per la
combinazione contrattuale nota come sale and lease–back (o lease–back,
oppure locazione finanziaria di ritorno).
E' ormai consolidata
l'opinione secondo la quale tale operazione realizza un'ipotesi di convenzione
atipica, come tale da sottoporsi al vaglio di liceità di cui all'art. 1322
c.c., inquadrabile nel più ampio ambito del leasing finanziario (l'inquadramento del lease–back
nel genus
del leasing
finanziario – ed in particolare nella sottocategoria del leasing
immobiliare – è ormai un dato acquisito in letteratura; in generale si vedano,
tra i tanti: V. Buonocore, Leasing, in Noviss. Dig. It., App., IV,
1983, pp. 797 ss.; Id., Cassazione e leasing: riflessioni sulla
giurisprudenza dell'ultimo quinquennio, in Contr. e impr., 1994, pp.
143 ss.; M. Bussani–P. Cendon, I contratti nuovi. Casi e materiali di dottrina e
giurisprudenza. Leasing, factoring, franchising, Milano, 1989, pp.
137 ss.; sinteticamente F. Cavazzuti, Leasing. I) Diritto privato, in Enc. giur.,
XVIII, Roma, 1990; G. De Nova, Il contratto di leasing, III ed., Milano,
1994, pp. 65 ss.; Id., I nuovi contratti, Torino, 1990; G.
Ferrarini, La
locazione finanziaria, Milano, 1977; C. Varrone, Leasing
finanziario e sale–lease–back, in Impresa, ambiente e pubblica
amministrazione, 1975, pp. 657 ss.; per la classificazione della
locazione finanziaria di ritorno nell'ambito dei contratti di impresa: G. De
Nova, Il
contratto di leasing, cit., p. 49; G. Tagliavini, La
valutazione del rischio nelle operazioni di leasing: l'individuazione di
"impegni credibili", in Riv. it. leasing, 1989, pp.
289 ss.).
La struttura dell'operazione
prevede, come è noto, che un soggetto (futuro utilizzatore) venda ad una
società di leasing
(futuro concedente) un bene di sua proprietà – solitamente un immobile, ma è
possibile che il lease–back abbia ad oggetto anche beni mobili – e ne
mantenga contestualmente la disponibilità materiale in virtù di un contratto di
leasing,
al termine del quale il lessee potrà scegliere se restituire il
bene, esercitare l'opzione di acquisto del bene, oppure prorogare il contratto
(gli orientamenti dottrinali e
giurisprudenziali prevalenti intorno
alle principali questioni sollevate dal lease–back sono contenuti nell'ultima Sintesi –
M. Bussani, Leasing
– comparsa in materia di leasing in questa Rivista, II, 1992, pp. 759
ss., alla quale si rinvia; in merito alla nozione di sale and
lease–back, ai dettagli dell'operazione e ai rapporti tra essa ed il
patto commissorio: M. Bussani, Il contratto di lease–back, in Contr. e
impr., 1986, pp. 558 ss.; Id., Proprietà–garanzia e contratto. Formule e regole nel
leasing finanziario, Trento, 1992, pp. 147 ss.; R. De Nictolis, Considerazioni
in tema di lease–back, in Quaderni giur. impr., 1989, pp. 81 ss.;
Ead., Divieto
del patto commissorio, alienazioni e garanzia e sale–lease–back, in
questa Rivista,
II, 1991, pp. 535 ss.; Ead., Nuove garanzie personali e reali, cit.,
pp. 435 ss.; M.L. De Rosa, Lease back e patto commissorio, in Riv. it.
leasing, 1989, 1, pp. 213 ss.; G.M. Galimberti, Il leasing industriale e il leasing
immobiliare, Milano, 1983; V. Santarsiere, "Sale and lease back" per la
realizzazione di interessi meritevoli di tutela, in Arch. civ.,
1997, pp. 47 ss.).
Per quanto attiene al
profilo funzionale, scopo economico dell'operazione – che trova il proprio
terreno d'elezione all'interno dei circuiti imprenditoriali – è quello di
rispondere alle esigenze organizzative e finanziarie dell'impresa consentendole
di smobilizzare capitali già investiti (si pensi ai contratti di lease–back
aventi ad oggetto interi stabilimenti industriali) per ottenere un'immediata
disponibilità di liquidi da reinvestire in ulteriori attività produttive e
pertanto essa manifesta, da un lato, un'evidente funzione di finanziamento
(ponendosi come valida alternativa per l'impresa ai tradizionali canali di
accesso al credito), dall'altro – secondo una certa lettura interpretativa – un
marcato carattere di garanzia del credito, che è dato dal mantenimento della
proprietà del bene in capo alla società di leasing, la quale verrebbe così a
predisporre di una forma di autotutela preventiva per il caso di inadempimento
dell'utilizzatore.
Sotto il profilo più
strettamente giuridico il trasferimento immediato della proprietà, che è uno
dei momenti caratterizzanti dell'operazione, e la particolare esaltazione delle
potenzialità finanziarie già proprie del leasing finanziario, sono elementi che
hanno consentito in passato a taluni interpreti di accostare lo schema
contrattuale della locazione finanziaria di ritorno a quello delle illecite
alienazioni in garanzia ad effetto traslativo immediato, ponendo il problema
dei limiti di validità della figura in questione in relazione all'art. 2744
c.c.
Non ci si soffermerà in
questa sede su di una dettagliata esposizione delle sfumature dei percorsi
dottrinali e giurisprudenziali sul problema. Basterà ai nostri fini ricordare
che, se prima del revirement giurisprudenziale del 1983 le scarse pronunce di
merito in materia di lease–back (Trib. Roma, 22 marzo 1979, in Banche e
banchieri, 1982, pp. 467 ss.; Trib. Milano, 3 maggio 1983, in Riv. notar.,
1984, II, pp. 601 ss.) ne affermano la validità in relazione al divieto del
patto commissorio proprio in virtù dell'immediatezza del trasferimento della
proprietà, in seguito al nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità
in materia di alienazioni a scopo di garanzia e patto commissorio, sul punto
della validità della locazione finanziaria di ritorno si è acceso un vivace
dibattito. L'individuazione di una funzione di garanzia nel mantenimento del
diritto di proprietà in capo al lessor, così come l'individuazione – nel
pagamento dei canoni di leasing – di una restituzione rateale
della somma mutuata dal concessionario, sono stati elementi in grado di
condurre taluni Autori, e con essi numerose sentenze di merito, a ravvisare una
forte analogia tra l'operazione di lease–back e la costituzione di un mutuo
con garanzia reale atipica sui beni del mutuatario. Analogia che avrebbe
comportato, quale conseguenza necessaria, la declaratoria di illiceità in ogni
caso del contratto de quo per elusione del divieto di cui
all'art. 2744 c.c., per lo più attraverso lo strumento tecnico della frode alla
legge. L'unica via per sottrarre il lease–back al giudizio di nullità sarebbe
stata – secondo alcuni interpreti – l'inserzione nel contratto di un patto
marciano, ossia della previsione del riacquisto del bene al prezzo di mercato,
da determinarsi al momento del trasferimento (per la dottrina in questo senso
si vedano G. Ferrarini, La locazione finanziaria, cit., pp. 116
ss.; G. Oberto, Vendita con patto di riscatto, divieto del patto commissorio e
contratto di lease–back, cit., p. 372; per la giurisprudenza, ritengono
senz'altro illecito il lease–back: App. Cagliari, 3 marzo 1993,
in Riv.
giur. sarda, 1994, p. 301; Trib. Genova, 30 gennaio 1992, in Giur. comm.,
1993, II, p. 427; Trib. Milano, 19 giugno 1986, in Riv. it. leasing, 1986, p.
786; Trib. Vicenza, 12 luglio 1988, in Foro it., 1989, I, c. 1250; Trib. Roma 7
maggio 1990, in Temi romana, 1990, p. 137; Trib. Cosenza, 14 febbraio 1994,
in Il
consulente dell'impresa comm. e ind., 1995, p. 2090; ha ritenuto
illecito il lease–back
in quanto contratto atipico che non persegue interessi meritevoli di tutela
alla luce dei principi dell'ordinamento, e pertanto ex art. 1322 c.c., Trib.
Verona, 15 dicembre 1988, in Foro it., 1989, I, c. 1250; ha aperto uno
spiraglio di validità per il lease–back qualora vi sia apposto il correttivo
del patto marciano: Trib. Monza, 24 maggio 1988, in Foro it., 1989, I, c. 1271,
su cui si v. M. Grondona, Funzione di garanzia, "lease–back" e
trasferimenti vietati, cit., p. 176 s.).
Altri autori (tra i numerosi
contributi si vedano: M. Bussani, Il contratto di lease–back, cit., pp. 582
ss.; Id., Proprietà–garanzia
e contratto. formule e regole nel leasing finanziario, cit., pp. 195
ss.; R. Clarizia, Il lease–back tra tipicità legale e tipicità giurisprudenziale,
in Riv.
it. leasing, 1991, pp. 522 ss.; G. De Nova, Il contratto di leasing,
cit., p. 53; S. D'Ercole, Sull'alienazione in garanzia, cit., pp.
228 ss., 253 ss.; A. Frignani, "Leasing". Qualche passo avanti e qualche
battuta d'arresto, in Giur. it., 1985, IV, cc. 245 ss.; U.
Morello, Frode
alla legge, cit., p. 515; A. Munari, Vendita e nullità del sale e lease back
in relazione al divieto del patto commissorio, in Riv. it.
leasing, 1986, pp. 172 ss.; A.C. Pelosi, Divieto del patto commissorio, lease
back e frode alla legge, in Riv. it. leasing, 1985, pp. 57 ss.; D.
Purcaro, Sulla
liceità del "sale and lease–back", in Riv. it. leasing, 1986, pp.
587 ss.; sulla sicura liceità del lease–back tecnico: G. De Nova, Il
lease–back "tecnico" è valido, in Contr., 1993, p. 47 s.;
Trib. Milano, 26 ottobre 1992, in Contr., 1993, p. 47) – e con essi le
decisioni di merito maggiormente apprezzate dalla dottrina (la posizione del
Tribunale di Milano è particolarmente rappresentativa di questo diverso
orientamento; il leading case è senz'altro Trib. Milano, 13 giugno 1985, in Foro pad.,
1986, I, cc. 105 ss.; e si vedano anche: Trib. Milano, 3 marzo 1988, in Riv. it.
leasing, 1988, pp. 445 ss., con nota di A.C. Pelosi; Trib. Pavia, 1
aprile 1988, in Giust. civ., 1988, I, p. 716 s.; Trib. Pavia, 16 giugno 1988,
in Riv.
it. leasing, 1988, p. 438; Trib. Torino, 29 marzo 1988, in Giur. piem.,
1988, p. 679; Collegio arbitrale Palermo, 14 dicembre 1990, in Riv. arb.,
1991, p. 601; Collegio arbitrale, 14 gennaio 1992, in Temi sic., 1992, p. 5; Trib.
Venezia, 12 novembre 1994, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, p. 904;
Trib. Alba, 6 marzo 1995, in Notariato, 1995, p. 581; Trib. Roma, 22
maggio 1996, in Arch. civ., 1997, p. 44, con nota di V. Santarsiere) – non
hanno condiviso l'assimilazione della locazione finanziaria di ritorno ad
un'alienazione a scopo di garanzia, né le conseguenze di una tale lettura. Tali
interpreti si sono invece espressi a favore della liceità del modello astratto
del lease–back,
o lease–back
ordinario, salvo il caso di un'utilizzazione in concreto di tale schema
contrattuale che presenti evidenti indici del perseguimento di uno scopo
elusivo dell'art. 2744 c.c., e si ponga pertanto quale uso "anomalo",
o più precisamente fraudolento del lease–back (in questo senso G. Gitti, Divieto del
patto commissorio, frode alla legge, "sale and lease–back",
in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1993, pp. 457 ss., 485). Gli argomenti che
hanno consentito lo sviluppo di tale differente filone di pensiero traggono
origine da un'attenta analisi strutturale del contratto in questione, che ha
condotto la dottrina all'individuazione del difetto – nello schema socialmente
tipico di lease–back
– di numerosi elementi che sono invece caratterizzanti le alienazioni a scopo
di garanzia. In estrema sintesi – secondo la linea interpretativa sopra
richiamata –, nel sale and lease–back, d'abitudine, non si ravvisa un
preesistente rapporto di debito–credito tra i soggetti protagonisti
dell'operazione; la vendita non si presenta come contratto accessorio a scopo
di garanzia, ma come contratto strumentalmente collegato a quello di leasing,
funzionale alla realizzazione dell'assetto di interessi perseguito dalle parti
(si parla di vendita a scopo di leasing, e non a scopo di garanzia); la
compravendita è poi pura e semplice, non vi sono né condizioni sospensive, né
risolutive; il patto d'opzione – che peraltro presenta struttura ben diversa
sia rispetto alla condizione che rispetto al riscatto – non accede ad essa, ma
al contratto di leasing.
In questa direzione si
mostra nitidamente come il fulcro attorno al quale si è snodato l'intero
dibattito interpretativo in materia di lease–back sia stato proprio quello
relativo alla misurazione di analogie e differenze tra il modello del sale and
lease–back e quello delle alienazioni in garanzia ad effetto
immediato, per stabilire se alla locazione finanziaria di ritorno possa essere
riconosciuto un sufficiente margine di autonomia strutturale e funzionale, in
grado di legittimarne la validità all'interno del nostro ordinamento.
Gli interventi della
Cassazione hanno confermato la bontà di tale posizione interpretativa (la prima
pronuncia del S.C. in materia di lease–back è Cass., 16 ottobre 1995, n.
10805, in Corr.
giur., 1995, pp. 1360 ss., con nota di V. Carbone, Le
peculiarità del lease back o sale lease back, pp. 1365 ss.; in Giur. it.,
I, 1, 1996, cc. 1382 ss., con nota di S.M. Cinquemani, Sale and lease back tra liceità e frode
al divieto del patto commissorio, cc. 1381 ss.; in Contr.,
1996, pp. 28 ss., con nota di R. De Meo; in Foro it., 1996, I, cc. 3492, con nota di
A. Monti; in Notariato, 1996, pp. 220 ss.; in Riv. giur. sarda, 1996, pp.
346 ss., con nota di A. Luminoso; Cass., 4 marzo 1996, n. 1657, in Giur. comm.,
1997, II, con nota di R. Simone, Dr. Jekill e Mr. Hide, ovvero la doppia vita del sale
and lease back; essa è seguita in termini analoghi da Cass., 19
luglio 1997, n. 6663, in Foro it., 1997, I, cc. 3586; in Rass. trib.,
1998, p. 805, con nota di S.M. Ceccacci; in Contr., 1998, p. 395, con nota di A.
Maniàci; Cass., 15 aprile 1998, n. 4095, in Foro it., 1998, I, c. 1820, con nota di R.
Simone; Cass., 7 maggio 1998, n. 4612, in Riv. dir. trib., 1998, II, pp. 668 ss., in
Corr.
giur., 9, 1998, pp. 1039 ss., a proposito di liceità civilistica e
trattamento fiscale del lease– back).
Dopo aver affermato che la
locazione finanziaria di ritorno costituisce un negozio socialmente tipico e
lecito in astratto, catalogabile nell'ambito dei contratti di impresa, tale da
integrare un'ipotesi di vendita a scopo di leasing e non a scopo di garanzia, il S.C.
(16 ottobre 1995, n. 10805) precisa gli elementi caratterizzanti l'operazione de qua,
in presenza dei quali essa rivela una sufficiente autonomia strutturale e
funzionale che ne impedisce la sanzionabilità sia ex art. 2744 c.c., sia ex art.
1343 c.c. per illiceità della causa in concreto. L'indagine del giudice di
merito dovrà allora verificare la sussistenza dei seguenti requisiti: la
qualità delle parti contraenti (esse dovranno essere, da un lato, un impresa o
un lavoratore autonomo; dall'altro, un'impresa di leasing); la natura del bene
oggetto dell'operazione, che dovrà essere un bene strumentale all'esercizio
dell'impresa; i criteri di determinazione del prezzo della vendita, dei canoni
e del prezzo d'opzione, al fine di evitare una sproporzione tra le prestazioni
di ambo le parti; la considerevole durata del rapporto; il fatto che le
condizioni del contratto di utilizzazione si conformino a quelle generalmente
praticate nei contratti di leasing.
Allo stesso tempo, la
Cassazione detta una serie di indici sintomatici, di carattere sia giuridico
che economico, in presenza dei quali il giudice di merito potrà dedurre il
perseguimento di uno scopo di garanzia in violazione dell'art. 2744 c.c.; tra
essi si annoverano: l'assenza di uno o più elementi caratterizzanti il tipo
sociale di lease–back;
le difficoltà economiche dell'impresa venditrice, che possono far presumere un
approfittamento della situazione di debolezza da parte dell'acquirente; la
sproporzione tra le rispettive prestazioni, che si desume dalla convenienza
economica dell'affare per entrambi i contraenti; a tal fine elemento
indispensabile sarà la stima del valore del bene oggetto del contratto, da
effettuarsi in base ai correnti valori di mercato (tra le più recenti decisioni
di merito che seguono l'orientamento della Corte di Cassazione si segnalano:
Uff. ind. prel. Udine, 5 luglio 1997, in Il fisco, 1997, I, p. 13321; Trib.
Oristano, 18 agosto 1996, in Riv. giur. sarda, 1997, p. 438; Uff. ind.
prel. Napoli, 17 aprile 1996, in Dir. pen. e processo, 1997, p. 606 – si
noti, peraltro, che gli argomenti utilizzati dal S.C. sono esattamente quelli
proposti, una dozzina di anni orsono, da M. Bussani, Il contratto di lease–back,
in Contr.
e impr., 1986, pp. 558 ss.; e G. De Nova Il lease–back, in Riv. it.
leasing, 1987, pp. 517 ss., 521 ss.).
In definitiva, secondo
l'orientamento oggi prevalente in dottrina e giurisprudenza, gli elementi
caratteristici del lease–back "normale" e
sicuramente ricorrenti anche nei trasferimenti a scopo di garanzia non sono
analogie sufficienti a giustificare la conclusione che la locazione finanziaria
di ritorno sia ricompresa nel genus delle alienazioni a scopo di
garanzia.
11. – L'evoluzione delle
tecniche di garanzia reale del credito nel nostro diritto non potrà mancare di
confrontarsi con la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985 in
materia di riconoscimento dei (e di legge applicabile ai) trusts, avvenuta con la
legge 16 ottobre 1989, n. 364. La Convenzione è in vigore in Italia a partire
dal 1° gennaio 1992 (si v., per l'essenziale, M. Lupoi, Trusts, Milano, 1997; Id., Trusts. I)
Profili generali e diritto straniero, in Enc. giur., Roma, 1995; Id.,
Trusts.
II) Convenzione dell'Aja e diritto italiano, ivi; A. Gambaro–A.
Giardina–G. Ponzanelli, Convenzione relativa alla legge sui trusts
ed al
loro riconoscimento, in Leggi civ. comment., 1993, pp. 1211 ss.; A.
Gambaro, Trust,
in Dig.
IV, Disc. Priv., Sez. civ., XIX, Torino, 1999; Id. Il trust in
Italia e in Francia, in Studi in onore di R. Sacco, I, Milano,
1994, pp. 495 ss.; Id., Problemi in materia di riconoscimento degli effetti
dei trusts nei paesi di civil law, in questa Rivista, 1984, I, pp. 93
ss.; M. Graziadei, Diritti nell'interesse altrui. Undiscloded agency e trust nell'esperienza giuridica inglese, Trento, 1995; Id., Trusts in Italian Law: a matter of
property or of obligation?, in Italian national Reports to the XVth International
Congress of comparative law, Milano, 1998, pp. 189 ss.; T. Arrigo–S.
Cavanna–E. Marè, Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile ai
trusts ed al loro riconoscimento, in Commentario breve al codice civile:
leggi complementari, a cura di G. Alpa e P. Zatti, Padova, 1999, pp.
7 ss.; R. Luzzatto, “Legge applicabile” e “riconoscimento” di trusts
secondo la Convenzione dell’Aja, in Trusts e attività fiduciarie,
1, 2000, pp. 7 ss.; V. Salvatore, Il trust, Padova, 1996; I. Benvenuti
(cur.), I
trusts in Italia oggi, Milano, 1996; S. Mazzamuto, Il trust
nell'ordinamento italiano dopo la convenzione dell'Aja, in Vita not.,
1998, 2, pp. 754 ss.; Id. The Italian Law of Trusts in the aftermath of the
Hague Convention, in Europa e diritto privato, 3, 1998, pp. 781
ss.; alle origini del dibattito della civilistica italiana intorno alla figura
del trust
si pongono, come è noto, i contributi di R. Franceschelli, Il trust nel diritto inglese,
Padova, 1935; C. Grassetti, Trust anglosassone, proprietà fiduciaria e negozio
fiduciario, in Riv. dir. comm., 1936, I, p. 548; per
un'efficace sintesi circa l'evoluzione della dottrina nostrana negli ultimi
cinquant’anni, P. Rescigno, Notazioni a chiusura di un seminario sul trust,
ivi,
2, 1998, pp. 453 ss.; un ricco panorama bibliografico dedicato ai contributi
italiani sul tema è contenuto nella rivista Trusts e attività fiduciarie. Trimestrale di
approfondimento scientifico e professionale, la cui nascita, sotto
la direzione di M. Lupoi, si è avuta col – n. 1, 2000, pp. 135 ss.).
Nel presentare la nozione di
quello che la letteratura comparatistica ha definito come il prodotto più peculiare
dell'esperienza giuridica di common law (A. Gambaro, Il
"trust" in Italia e Francia, cit., p. 497; R. Rodière, Introduction
au droit comparé, Paris, Dalloz, 1979, p. 31; M. Fromont, Les grands
systèmes de droit contemporaines, Paris, Dalloz, 1987, p. 56; E.
Agostini, Droit
comparé, Paris, 1988, p. 204; ma si vedano ora, sul punto, i saggi
raccolti nel volume collettaneo apparso a cura di R. H. Helmholz e R.
Zimmermann, Itinera
fiduciae–Trust and Treuhand in Historical Perspective, Berlin, 1998,
ed ivi,
in particolare, il contributo di M. Graziadei, The Development of fiducia in Italian
and French Law from the 14th century to the End of the Ancien Régime,
pp. 327 ss.; taluni Autori hanno individuato nel trust una delle più
macroscopiche differenze tra sistemi di common law e di civil law: K. Zweigert–H.
Kötz, Einführung
in die Rechtsvergleichung, 3a ed., Tübingen, 1996, p. 71; ma su tale
questione si veda allora J. Gordley, "Common Law" v. "Civil Law". Una
distinzione che va scomparendo?, in Scritti in onore di R. Sacco,
I, Milano, 1994, pp. 559 ss., 583 s.) si suole fare riferimento ad uno schema
normalmente trilatero, in base al quale un soggetto (costituente il trust
– settlor)
trasferisce un bene o un insieme di beni ad un altro soggetto (trustee),
il quale ne diventa titolare fiduciae causa, con l'obbligo di
amministrarli non nell'interesse proprio, ma nell'interesse di un terzo
soggetto beneficiario (beneficiary), o di uno scopo specifico (A.
Gambaro, Il
diritto di proprietà, cit., p. 632). Questo schema, per quanto
ricorrente, non rende però conto della poliedricità del trust, costituibile per il
raggiungimento di molteplici finalità, e quindi suscettibile di assumere
configurazioni molto diverse (su questo aspetto, nella letteratura
internazionale, v. H. Kötz, Trust und Treuhand: eine rechtsvergleichende
Darstellung des anglo–amerikanischen trust und funktionsverwandter Institute
des deutschen Rechts, Göttingen, 1963, pp. 38 ss.; H. Hansmann–U.
Mattei, The
Functions of Trust Law: A Comparative Legal and Economic Analysis,
in 73
N.Y. Univ. L. Rev., 1998, pp. 434 ss.; ed in quella italiana, M. Lupoi, Trusts,
cit., pp. 6 ss., 19 ss., 121 ss., 257 ss., 411 ss.; Id., Riflessioni comparatistiche sui trusts,
in Europa
e diritto privato, 2, 1998, pp. 425 ss.; C. Castronovo, Il trust e
‘sostiene Lupoi’, ivi, pp. 441 ss.; in merito a nozione e
funzionamento del trust, nonché alle figure di diritto interno ad esso affini,
si rimanda alla letteratura specialistica italiana già citata, ed inoltre a: A.
Busato, La
figura del trust negli ordinamenti di common law e di
diritto continentale, in questa Rivista, 1992, II, pp. 309 ss.; M. Stella
Richter jr., Il trust nel diritto italiano delle società, in Banca,
borsa, titoli credito, 1998, I, pp. 477 ss.; E. Corso, Trust e diritto
italiano: un primo approccio, in Quadrimestre, 1990, p. 496 ss.; P.
Piccoli, Possibilità
operative del trustee nell'ordinamento italiano. L'operatività del trustee dopo la
Convenzione de L'Aja, in Riv. not., 1995, pp. 21 ss.; Id., I trusts e figure
affini in diritto civile. Analogie e differenze, in Vita
Notarile, 2, 1998, pp. 785 ss.; C. Castronovo, Trust e diritto civile italiano,
ivi,
1998, 3, pp. 1323; G. Cesàro, Il trust: quale disciplina?, in Contratti,
1998, 6, pp. 619 ss.; riferiscono, tra l'altro, della giurisprudenza italiana
in tema di trust:
M. Lupoi, Trust e sistema italiano: problemi e prospettive, in AA.VV. Fiducia, trust, mandato ed
agency, Milano, 1991, pp. 101 ss.; M. Graziadei, Trusts nel
diritto anglo–americano, in Dig. IV, Disc. Priv., Sez. comm., XVI, Torino, 1999, pp. 256 ss., 264; M. Lupoi–T.
Arrigo, National
Report for Italy, in D. J. Hayton–S. C. J. J. Kortmann–H. L.
E. Verhagen, Principles of European Trust Law, The Hague, 1999, pp. 123
ss., 128 M. Lupoi–T. Arrigo, National Report for Italy, in D. J.
Hayton–S. C. J. J. Kortmann–H. L. E. Verhagen,
Principles
of European Trust Law, The Hague, 1999, pp. 123 ss., 128; L.
Ragazzini, Trust
"interno" e ordinamento giuridico italiano, in Riv. del
notar., 1999, 2, pp. 279 ss.; si segnala da ultimo la giurisprudenza
riportata nella rivista Trusts e attività fiduciarie, cit., pp. 83
ss.; sulle differenze e le analogie tra fiducia e trust, v. U. Morello, Fiducia e
trust: due esperienze a confronto, in AA.VV. Fiducia, trust, mandato ed agency,
cit., pp. 17 ss.; A. Gambaro, Il diritto di proprietà, cit., pp. 632
ss.; M. Lupoi, Trusts, cit., pp. 463 ss., 548 ss.; L. De Angelis, Trust e
fiducia nell’ordinamento italiano, in questa Rivista, II, 1999, pp. 353
ss.; sul punto v. anche F. Di Ciommo, Per una teoria negoziale del trust (ovvero
perché non possiamo farne a meno), in Corr. giur., 1999, 6, pp.
773 ss., 782 ss.; ed in particolare, per gli aspetti di diritto internazionale
privato e processuale: G. Broggini, Trust e fiducia nel diritto internazionale privato,
in Europa
e diritto privato, 2, 1998, pp. 399 ss.; quanto ai profili
tributario e fiscale: A. Stesuri, Il trust come strumento di pianificazione fiscale,
in Corr.
trib., 1998, 44, pp. 3272 ss.; Id., I trusts esteri in Italia: profili di
diritto tributario, ivi, 1999, 10, pp. 702 ss.; S. Marchese–D.
Bartoli, Commento
al decreto ministeriale 4 maggio 1999, in Trusts e attività fiduciarie,
cit., pp. 56 ss.; C. Sacchetto, Bervi note sui trusts e le convenzioni bilaterali
contro le doppie imposizioni sul reddito, ivi, pp. 64 ss.; G. Marino, La residenza
fiscale del trust, ivi, pp. 72 ss.; S. Pavletic, Il bilancio
del trustee. Appunti sugli aspetti contabili e tributari del trasferimento di
beni in trust, ivi, pp. 79 ss.).
E' noto che tra le
peculiarità più apprezzate del trust si annoverino la sua estrema
flessibilità e l'idoneità all'impiego nei settori più disparati, quali quello
finanziario, commerciale, familiare e successorio (è famoso il rilievo di F.W.
Maitland, Equity
also the Forms of Actions at Common Law, a cura di A.H. Chaytor e
W.J. Whittaker, Cambridge, 1984, p. 23, secondo cui il trust è "an
‘institute’ of great elasticity and generality; as elastic, as general as
contract"; da questo assunto muove anche il contributo di D.
Hayton, Exploiting
the Inherent Flexibility of Trusts, in Journal of International Trust and
Corporate Planning, vol. 7 n. 2, 1999, pp. 69 ss.). Esso
"costituisce un possente strumento di autonomia privata, il quale, in
particolare, consente di risolvere una serie di problemi molto sentiti nella
moderna economia mobiliare che richiede di poter costituire patrimoni separati
destinati a vari scopi predeterminati" (A. Gambaro, Il diritto di proprietà,
cit., p. 643; v. anche M. Bianca, Vincoli di destinazione e patrimoni separati,
Padova, 1996), o più in generale di fare in modo che un complesso di beni sia
amministrato nell'interesse altrui (M. Graziadei, Diritti nell’interesse altrui.
Undisclosed agency e trust nell’esperienza giuridica inglese, cit.,
pp. 155 ss.). Il vantaggio del trust è di immediata evidenza, in primo
luogo sotto il profilo del risparmio economico, già considerando come esso
eviti i pesanti costi di mantenimento delle strutture organizzative collegati
alla creazione di nuove persone giuridiche, strumento quest'ultimo con il quale
negli ordinamenti di civil law tradizionalmente si cercano di
raggiungere i medesimi risultati perseguiti dal trust nell'area di common law
(per il profilo della competitività del trust, sotto l’aspetto civilistico ed economico,
si vedano A. Gambaro, Il diritto di proprietà, cit., p. 643; M.
Bianca, Vincoli
di destinazione, cit., p. 89; in generale, in materia di
competitività dei modelli giuridici, v. U. Mattei–E. Pulitini, Modelli
competitivi, regole giuridiche ed analisi economica, in Quadrim.,
1990, pp. 77 ss.).
Si noti che, dopo dieci anni
dalla ratifica della Convenzione dell'Aja, nel febbraio 1999, un ulteriore
passo avanti è stato compiuto lungo la direzione di un pieno riconoscimento di
operatività, nel nostro ordinamento, di quest’istituto sempre meno
"sconosciuto": si tratta della trascrizione dell'acquisto in trust di
un immobile da parte di un trustee italiano, in attuazione del
disposto di cui all'art. 12 della Convenzione stessa. In merito alla
possibilità di tale trascrizione, la Pubblica Amministrazione aveva
dapprincipio manifestato un atteggiamento negativo, formalizzato in una serie
di argomentazioni (le si vedano in P. Amati–P. Piccoli, Trascritto un immobile in trust,
in Notariato,
6, 1999, pp. 593 ss.; 594), che in realtà coprivano un più profondo imbarazzo
circa le modalità tecniche con le quali, nel nostro ordinamento, sarebbe stato
possibile raggiungere tale risultato, anche in considerazione della modulistica
esistente in materia di nota di trascrizione (la descrizione dettagliata delle
modalità scelte dalla prassi notarile per fare risultare la qualità di trustee
dell’acquirente dell’immobile è in P. Amati–P. Piccoli, Trascritto un immobile in trust,
cit., pp. 594 s.; parte della dottrina si era da tempo espressa a favore della
trascrivibilità nel nostro ordinamento dei trusts immobiliari: M. Lupoi, Trusts,
cit., p. 497; P. Piccoli–E. Corso–M. Dolzani, La trascrizione degli atti riguardanti
"trusts", in Riv.del notar., 1995, pp. 1389 ss.; P.
Piccoli, Troppi
timori in tema di trascrivibilità del "trust" in Italia,
in Notariato,
1995, pp. 616 ss.).
Ora, una trattazione tecnica
della figura del trust esula dai confini della presente indagine, la quale
intende semplicemente illustrare alcune conseguenze che avverrebbero qualora in
Italia si diffondessero i trusts a scopo di garanzia (sui quali si
vedano, in generale, anche le riflessioni di A. Sassi, Garanzia del credito e tipologie
commissorie, Napoli, 1999, pp. 136 ss.; 407 ss.).
Ed in effetti la prassi ha
già mostrato interesse verso l’utilizzo del trust per sopperire alle carenze della
nostra disciplina in tema di garanzie reali tipiche.
Illuminante è il precedente
del 27 dicembre 1996. In questa data il Tribunale di Milano ha emesso un
decreto di omologazione di una delibera assembleare nella quale si prevedeva la
costituzione di un trust a garanzia di un prestito
obbligazionario. Il caso riguardava una società milanese che si è trovata a
dover scegliere se garantire l'emissione delle proprie obbligazioni mediante la
creazione del vincolo ipotecario sui propri immobili, oppure costituendo gli
stessi in trust
di scopo. Proprio quest'ultima è stata la via preferita dalla società
emittente, la quale ha trasferito la titolarità degli immobili ad una società
controllata inglese. Tale società estera ha poi emesso azioni per un ammontare
corrispondente al valore degli immobili stessi e ha istituito un trust avente
ad oggetto le suddette azioni, regolato dalla legge di Jersey; ha inoltre
nominato quale trustee una società fiduciaria italiana (la quale meglio
avrebbe potuto gestire gli immobili siti nel nostro paese). Scopo del trust era
quello di destinare tali azioni al rimborso degli obbligazionisti che avrebbero
sottoscritto i titoli emessi dalla società milanese (creazione di un patrimonio
separato o di destinazione), ed a tal fine l’atto istitutivo del trust
prevedeva che la restituzione delle azioni da parte del trustee alla società
emittente sarebbe avvenuta solo in seguito all'integrale rimborso degli obbligazionisti,
e la restituzione degli immobili alla società emittente solo previo
accertamento dell'avvenuto pagamento degli stessi.
I vantaggi apportati in
questo caso dalla scelta della costituzione del trust in luogo della
garanzia immobiliare tipica sono di immediata evidenza: gli obbligazionisti
ottengono una garanzia specifica – la perdita del complesso immobiliare da
parte della società emittente è effettiva, ma è temporanea, e cioè destinata a
rientrare a seguito del rimborso del prestito agli obbligazionisti – e
all'emittente è consentita un'agilità di manovra che non era conseguibile
utilizzando i tradizionali istituti di civil law. In particolare il trust
in esame consentirebbe di evitare il costo e le lungaggini delle procedure
dell'esecuzione forzata per il caso di inadempimento della società emittente
alle obbligazioni assunte nei confronti degli investitori; il trustee
potrebbe adottare le misure più idonee al perseguimento dello scopo del trust
– come il reinvestimento dei canoni di locazione degli immobili per
incrementare il patrimonio del trust stesso –, mentre laddove si fosse
costituita un’ipoteca, gli immobili sarebbero rimasti improduttivi ai fini
della tutela delle ragioni dei creditori, ed anzi avrebbero subito una
decurtazione del loro valore a causa dell'insistenza su di essi del vincolo
ipotecario; infine, in caso di mancata soddisfazione dei diritti degli
obbligazionisti, il trustee potrebbe procedere ad una vendita
stragiudiziale della parte del complesso immobiliare necessaria allo scopo, in
tempi relativamente brevi e percependo un ricavato generalmente superiore a
quello ottenibile in seguito all'esperimento delle procedure giurisdizionali
(questi aspetti sono messi in luce da M.E. D'Orio, Un trust a garanzia di un prestito obbligazionario.
Percorsi e tendenze nella dottrina sui trusts, in Giur. comm.,
1998, I, pp. 235 ss.; P. Piccoli, I trusts e figure affini in diritto civile. Analogie
e differenze, in Vita Notarile, 2, 1998, pp. 785 ss., 797
ss.).
12. – L'ingresso del trust
di scopo nel diritto dei rapporti patrimoniali segna senz'altro il compimento
di un ulteriore ed importante passo verso l'erosione degli antichi dogmi –
quali quello dell'universalità della responsabilità patrimoniale e della par condicio
creditorum – nemici dell'esplicazione dell'autonomia privata nel
settore della tutela del credito, e rende sempre più avvertita l'urgenza non
solo di una rivisitazione dei principi generali della responsabilità
patrimoniale, ma anche di un ripensamento del ruolo da attribuire all'art. 2744
c.c. nel contesto sistematico (su questa linea si pone il contributo di M.
Bussani, Il
modello italiano delle garanzie reali, cit., p. 188 s.).
La traiettoria disegnata
dall'evoluzione giuridica testé accennata porterà probabilmente l'interprete di
fronte ad una seria alternativa: a) o ritenere che il divieto del patto
commissorio abbia una propria (necessaria) ragion d'essere all'interno del
sistema; e allora, quando con il trust si crei una garanzia reale
‘atipica’, si dovrebbe giungere all'assurda conclusione della nullità dello
stesso per violazione dell'art. 2744 c.c., con gli enormi svantaggi in termini
economici che tale scelta comporterebbe per il diritto italiano rispetto a
quello degli altri Paesi europei (su questo punto si vedano i rilievi, assai
incisivi, di A. Gambaro, Il diritto di proprietà, cit., p. 650; la
dottrina ha notato che il divieto del patto commissorio è "privo di senso
là ove si conosca e si pratichi il trust" e per questo non ha mai
attecchito nei paesi di common law: Alb. Candian, Appunti
dubbiosi sulla "ratio" del divieto di patto commissorio,
cit., c. 184); oppure b), preso atto della necessità di non isolare le
soluzioni operative del nostro sistema dal panorama europeo ed internazionale,
sacrificandone irrimediabilmente la competitività, si dovrebbe concludere che
il divieto del patto commissorio esiste oggi solo perché è stato
(tralatiziamente) recepito in una norma espressa del codice civile, la cui
dilatata interpretazione – tuttavia – rappresenta oggi un omaggio alla storia
delle idee e non alle esigenze del sistema giuridico.
In ultima battuta, ad ogni
modo, non si può fare a meno di constatare la molteplicità degli spunti di
riflessione che i temi toccati dalla presente indagine offrono per il dibattito
in materia di responsabilità patrimoniale e garanzie (reali) del credito. La
sfida aperta dalla nuova stagione del diritto delle garanzie pare destinata a
giocarsi tutta sul campo dell'autonomia privata e della ridefinizione dei suoi
limiti nel settore dei rapporti patrimoniali, avendo di mira l'obiettivo di
conciliare il bisogno di certezza del diritto con l'esigenza di elasticità di
manovra dei privati nel regolamento dei propri interessi patrimoniali.